La promessa – Damon Galgut

Incipit La promessa - Damon Galgut

Incipit La promessa

Nell’attimo in cui la scatola di metallo pronuncia il suo nome, Amor capisce che è successo. È stata tutto il giorno tesa e con il mal di testa, quasi avesse avuto una premonizione in un sogno ma senza riuscire a ricordare di che si trattasse. Un segno o un’immagine, appena sotto la superficie. Disordini giù in basso. Fuoco sottoterra.
Ma quando le parole le vengono dette ad alta voce, lei non ci crede. Chiude gli occhi e scuote la testa. No, no. Quello che le ha appena detto sua zia non può essere vero. Non è morto nessuno. È solo una parola. Guarda la parola, lì sulla scrivania come un insetto capovolto, senza alcuna spiegazione.
Questo succede nell’ufficio della signorina Starkey, dove la voce diffusa dall’altoparlante Tannoy le ha detto di andare. Era da così tanto che Amor aspettava questo momento, l’ha immaginato così tante volte che sembrava fosse già accaduto. Ma adesso che il momento è arrivato davvero, lo sente lontano e onirico. Non è successo, non nella realtà. E soprattutto non a Ma, che sarà sempre, sempre viva.

Incipit tratto da:
Titolo: La promessa
Autore: Damon Galgut
Traduzione: Tiziana Lo Porto
Titolo originale: The Promise
Casa editrice: e/o
Foto in copertina © Mitchell Krog/Getty
Art direction: Emanuele Ragnisco
Qui è possibile leggere le prime pagine di La promessa

La promessa - Damon Galgut

Incipit The Promise

The moment the metal box speaks her name, Amor knows it’s happened. She’s been in a tense, headachy mood all day, almost like she had a warning in a dream but can’t remember what it is. Some sign or image, just under the surface. Trouble down below. Fire underground.
But when the words are said to her aloud, she doesn’t believe them. She closes her eyes and shakes her head. No, no. It can’t be true, what her aunt has just told her. Nobody is dead. It’s a word, that’s all. She looks at the word, lying there on the desk like an insect on its back, with no explanation.
This is in Miss Starkey’s office, where the voice over the Tannoy told her to go. Amor has been waiting and waiting for this moment for so long, has imagined it so many times, that it already seems like a fact. But now that the moment has really come, it feels far away and dreamy. It hasn’t happened, not actually. And especially not to Ma, who will always, always be alive.

Title: The Promise
Author: Damon Galgut
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Una saga familiare moderna che poteva arrivare solo dal Sudafrica, scritta in splendida prosa dall’autore vincitore del Booker Prize, Damon Galgut. Perseguitati da una promessa non mantenuta, dopo la morte della madre i membri della famiglia Swart si perdono di vista. Alla deriva, le vite dei tre figli della donna procedono separatamente lungo le acque inesplorate del Sudafrica: Anton, il ragazzo d’oro amareggiato dal potenziale inespresso che è la sua vita; Astrid, il cui potere sta nella bellezza; e la più giovane, Amor, la cui vita è plasmata da un nebuloso senso di colpa. Ritrovandosi per quattro funerali nel corso di tre decenni, la famiglia in declino rispecchia l’atmosfera del paese: un’atmosfera di risentimento, rinnovamento e infine di speranza.
La promessa è un dramma epico che si dispiega al ritmo dell’incessante marcia della storia nazionale, che i lettori di Galgut ameranno di certo e che ne incanterà di nuovi.
(Edizioni e/o)

Un’ora di fervore – Muriel Barbery

Incipit Un’ora di fervore - Muriel Barbery

Incipit Un’ora di fervore

Giunta la sua ora, Haru Ueno guardava un fiore e pensava: Tutto è appeso a un fiore. In realtà la sua vita era stata appesa a tre fili e solo l’ultimo era un fiore. Davanti a lui si estendeva un piccolo giardino di tempio con la vocazione del paesaggio in miniatura disseminato di simboli. Era incantato che secoli di ricerca spirituale avessero portato a quella disposizione precisa. Tutti quegli sforzi tesi verso un significato, pensava anche, e alla fine una pura forma.

Haru Ueno era infatti di quelli che cercano la forma.

Incipit tratto da:
Titolo: Un’ora di fervore
Autrice: Muriel Barbery
Traduzione: Alberto Bracci Testasecca
Titolo originale: Une heure de ferveur
Casa editrice: e/o
Art direction: Emanuele Ragnisco
Illustrazione in copertina di Hashimoto Kansetsu, Soirée d’été
Qui è possibile leggere le prime pagine di Un’ora di fervore

Un’ora di fervore - Muriel Barbery

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Quarta di copertina / Trama

Haru Ueno è originario di una zona montuosa del Giappone e approda a Kyōto all’età di vent’anni. Una carriera folgorante lo vede diventare in breve uno dei mercanti d’arte contemporanea più affermati del suo tempo. Una vita di successi che Haru cavalca con modestia, molto più attento ai valori dell’amicizia e dell’amore che non a quelli del denaro e della celebrità. Pur essendo giapponese fino al midollo e non avendo mai viaggiato fuori dal Giappone, ha un’attrazione per l’estero, un’attrazione che il destino trasforma in una figlia francese avuta da una relazione fugace con una bella straniera di passaggio. In realtà la madre di Rosa, questo il nome della bambina, è una donna depressa che gli impedisce di vedere la figlia. Haru non la conoscerà mai, ma per tutta la vita la vedrà esistere e crescere grazie alle fotografie e ai rapporti di un investigatore privato da lui ingaggiato, le parlerà in cuor suo, le trasmetterà spiritualmente la parte giapponese che le manca, le rivolgerà il suo ultimo pensiero prima di morire.
Seguire la vita di Haru ci porta attraverso uno strano Giappone sia antico che moderno in cui i giardini zen, il teatro nō e la cerimonia del tè convivono con il cemento, le insegne al neon e i fast food, e dove con lo sfondo di questo magnifico affresco popolato da spiriti degli antenati e volpi magiche si affrontano i temi chiave dell’esistenza e dell’individuo.
(e/o; Dal Mondo)

Villa del seminario – Sacha Naspini

Incipit Villa del seminario - Sacha Naspini

Incipit Villa del seminario

Pensò a quando il circo era sbarcato a Le Case, nel ’37: cammelli e dromedari tenuti al guinzaglio, bestie di cui aveva sentito parlare fin da bambino e ora eccole lì, con tanto di pelo e bocche mangiate dalle mosche.
Gli animali che squadrava adesso erano un’altra cosa. Per esempio non si differenziavano in niente da lui e dai paesani, a parte l’aria stramorta. Sembravano pecore al pascolo, con un soldato davanti e uno dietro. Ma la formazione andò in breve a scatafascio; i militari erano ragazzi e in quanto tali volevano godersi la gita con un bicchierino o i sorrisi di qualche femmina. C’era anche quello mulatto, che stazionava nel borgo ormai da mesi, René lo vide sparire nel portone della Barbarina. Tanto non parlava nessuno.
Nel frattempo i carcerati entravano nelle botteghe, consegnavano il foglietto su cui erano appuntati i rifornimenti da portare al seminario. Insomma, a parte sgranchirsi le gambe e respirare un’ora d’aria fresca, avevano il compito degli asinelli da soma. Recuperati i pacchi e le scatolette si raggrupparono davanti a San Bastiano in attesa che la scorta finisse la ricreazione. Poi «Hop hop! Via, andare!», presero i cartoni sulle spalle incolonnandosi su via di Mezzo con lo sguardo per terra. Ci fu chi chiuse le persiane in segno di schifo o per dimostrare buona condotta.
L’inverno si annunciava tremendo, neanche era finito novembre e già c’era da tremare come topi. Pensare a marzo significava immaginare un’altra vita. Le vecchie rimaste sole uscivano per farsi dare la razione con le coperte addosso, si tenevano al muro per miracolo proclamandosi subito morte quando qualcuno le andava a raccattare con un ginocchio spezzato per via di un lastrone di ghiaccio. Giorni prima era toccato proprio a René prendere Stella Fantastici dal marciapiede. L’unica cosa che la donnina aveva detto era stata questa: «Mario era bello…». Con un’anca sfracellata si sentiva perduta e riscattava tutto con quella fotografia che aveva nel cuore, del suo uomo sparito da un pezzo. Le faccende che restano sono folgorazioni di questo tipo. Ora Stella era ferma a letto, con un figlio in guerra e nessun marito. Difficilmente sarebbe arrivata a Natale. Men che meno a Pasqua.

Incipit tratto da:
Titolo: Villa del seminario
Autore: Sacha Naspini
Casa editrice: e/o
Copertina: Illustrazione Ginevra Rapisardi / Art direction Emanuele Ragnisco
Qui è possibile leggere le prime pagine di Villa del seminario

Villa del seminario - Sacha Naspini

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Quarta di copertina / Trama

Maremma toscana, novembre ’43. Le Case è un borgo lontano da tutto. René è il ciabattino del paese. Tutti lo chiamano Settebello, nomignolo che si è tirato addosso in tenera età, dopo aver lasciato tre dita sul tornio. Oggi ha cinquant’anni – schivo, solitario, taciturno. Niente famiglia. Ma c’è Anna, l’amica di sempre, che forse avrebbe potuto essere qualcosa di più… René non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. Poi ecco la guerra, che cambia tutto. Ecco che Settebello scopre la Resistenza. Possibile che una rivoluzione di questo tipo possa partire addirittura dalla suola delle scarpe?
Villa del seminario evoca fatti realmente accaduti: Grosseto fu l’unica diocesi in Europa ad aver stipulato un regolare contratto d’affitto con un gerarca fascista per la realizzazione di un campo d’internamento. A Roccatederighi, tra il ’43 e il ’44, nel seminario del vescovo furono rinchiusi un centinaio di ebrei italiani e stranieri destinati ai lager di sterminio. Soprattutto Auschwitz.
Maremma toscana, novembre ’43. Le Case è un borgo lontano da tutto. Vista da lì, anche la guerra ha un sapore diverso; perlopiù attesa, preghiere, povertà. Inoltre si preannuncia un inverno feroce… Dopo la diramazione della circolare che ordina l’arresto degli ebrei, ecco la notizia: il seminario estivo del vescovo è diventato un campo di concentramento.
René è il ciabattino del paese. Tutti lo chiamano Settebello, nomignolo che si è tirato addosso in tenera età, dopo aver lasciato tre dita sul tornio. Oggi ha cinquant’anni. Schivo, solitario, taciturno. Niente famiglia. Ma c’è Anna, l’amica di sempre, che forse avrebbe potuto essere qualcosa di più… René non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. In realtà, non ha mai avuto il coraggio di fare niente. Le sue giornate sono sempre uguali: casa e lavoro. Rigare dritto.
Anna ha un figlio, Edoardo, tutti lo credono al fronte. Un giorno viene catturato dalla Wehrmacht con un manipolo di partigiani e fucilato sul posto. La donna è fuori di sé dal dolore, adesso ha un solo scopo: continuare la rivoluzione. Infatti una sera sparisce. Lascia a René un biglietto, poche istruzioni. Ma ben presto trapela l’ennesima voce: un altro gruppo di ribelli è caduto in un’imboscata. Li hanno rinchiusi là, nella villa del vescovo. Tra i prigionieri pare che ci sia perfino una donna… Settebello non può più restare a guardare.
(Ed.e/o)

Villa del seminario - Audiolibro - Naspini