Un gran mare di gente – Giovanni Arpino

Guardava dalla finestra il cortile dell’ospedale, pietrificato nel sole.

Incipit Un gran mare di gente

Guardava dalla finestra il cortile dell’ospedale, pietrificato nel sole. Al fondo, oltre la misera lista d’erba resa bronzea dalla calura cittadina, si sfacevano come bollenti macchie di vernice alcune donnacole. I loro vestiti avvampavano, le gambe doloranti cercavano di continuo nuovi punti d’equilibrio, pericolando su scarpe e tacchi difficili.
Era perfino sofferenza il rimirarle, ma non per lui, abituato da decenni al via vai di quelle poverette, sempre esagitate e sospettose in giardino o per i corridoi del reparto dermosifilopatico, di cui era direttore.

Incipit tratto da:
Titolo: Un gran mare di gente
Autore: Giovanni Arpino
Casa editrice: Club del Libro

Libri di Giovanni Arpino

Un gran mare di gente di Giovanni Arpino

Quarta di copertina / Trama

In questo breve volume, per la prima volta, tutte le storie “brevi”, edite e inedite scritte da Giovanni Arpino nell’arco di trent’anni.
Storie fantastiche, Storie quotidiane, Diario bestiario, sono tra le tre sezioni in cui si articola il libro; una girandola coloratissima di idee e di sensazioni, una mappa inesauribile di tipi e di situazioni, di uomini e di bestie che giocano a scambiarsi bizzarramente i ruoli, di realtà che diventa fantasia e di immaginazioni incredibilmente verosimili.
Un libro a tutto pieno, imprevedibile e ricco ad ogni pagina.
(Ed. Club del Libro)

Indice cronologico opere e bibliografia di Giovanni Arpino

Il fratello italiano – Giovanni Arpino

Non tutti i giorni ci si può svegliare ridendo, come diceva quel tale in coma.

Incipit Il fratello italiano

Non tutti i giorni ci si può svegliare ridendo, come diceva quel tale in coma.
Così darsi la giusta spinta, tossicchiando, Carlo Botero, vedovo, sessantaduenne maestro elementare in pensione, nel suo ridestarsi mattutino.
Una pentola sovraccarica di falsi marmi e dorature indicava le otto in punto. Come sempre.
Botero indagò tra le luci e forme della stanza. Un insulto ostile gli si introdusse nei ginocchi, nelle tempie. Un segnale malevolo, apportatore di fastidi.

Incipit tratto da:
Titolo: Il fratello italiano
Autore: Giovanni Arpino
Casa editrice: Rizzoli

Libri di Giovanni Arpino

Copertine di Il fratello italiano di Giovanni Arpino

Quarta di copertina / Trama

Due padri, diversi ma alleati nella vendetta. Due omicidi per disperato bisogno di giustizia. Due delitti che esplorano a fondo la solitudine e la disperazione dell’uomo d’oggi, di ragazze e ragazzi d’oggi, in una terribile metropoli.
Ma in questi delitti vi è già castigo o belluina liberazione o tragica solitudine? E chi, tra i due padri, è l’autentico “fratello italiano”?
Il romanzo più drammatico, più contemporaneo di Arpino “narratore di storie”.
(Ed. Rizzoli; La Scala)

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Romanzo vincitore del Premio Campiello nel 1980

Il primo quarto di luna – Giovanni Arpino

Incipit Il primo quarto di luna

Fu in una mattina di sole gelido, a rasoiate sui vetri com’è tipico di certi inverni torinesi, che Saverio Piumatti, specchiandosi in bagno, vide sul proprio volto un’ombra di losca malinconia.
Destino, apriti. Mondo, fati capire. Così avrebbe potuto fronteggiare la solita levataccia il giovane Saverio, ventinovenne e proprietario di un taxi quasi nuovo. Perché era creatura abile con le parole, e pronta a innumerevoli fantasie.
Ripose invece ordinatamente gli arnesi da barba e tornò a letto, deciso ad alzarsi mai più.

Incipit tratto da:
Titolo: Il primo quarto di luna
Autore: Giovanni Arpino
Casa editrice: Einaudi

Libri di Giovanni Arpino

Copertina di Il primo quarto di luna di Giovanni Arpino

Quarta di copertina / Trama

Chi è Saverio Piumatti, giovane proprietario di un taxi quasi nuovo, creatura abile con le parole e la fantasia? Eroe o anti-eroe, vittima d’una società che conteggia i suoi disastri, testimone ringhioso di un epoca che cerca disperatamente nuovi sentieri d’uscita, di salvezza?
È intorno a questo personaggio – emblematico ma non troppo – che si muove il nuovo romanzo di Arpino. Gli fanno da cornice, come testimoni e complici più o meno consapevoli, la madre Madama Cernaia, portinaia che scruta invano i segreti dei tarocchi, lo zio Nino di garibaldina memoria, un pappagallo loquace (quando gli è consentito parlare) e una ragazza uscita da quelle “terre di nessuno” che costituiscono la culla di tanti giovani d’oggi.
È una mattina d’inverno torinese tipico che Saverio “chiude” con il suo lavoro, quasi con la stessa vita. E qui inizia una sua lenta metamorfosi, una sorta di sublimazione, fino al momento d’un addio che è corporeo, paradossale ed esemplare insieme.
Rischiando i territori così difficili della parabola, Arpino porta vanti un tema narrativo nato con “Randagio è l’eroe”, proseguito con “Domingo il favoloso”. Non è un tema da “fuga dal mondo”, secondo l’autore, ma anzi una chiave interpretativa di questo mondo, diventato impervio, stretto da realtà che nella loro macroscopia sia dilatano in quotidiani e crudeli surrealismi. E così, dal banale di ogni giorno, dal tritume di ogni nottata, scatta – talora sporco di cronaca nera, talora furente di sogni che esigono realizzazione immediata – un “momento magico” di vita, il pertugio verso l’altrove.
Impasto di partecipazione ironica, di affetti gergali e misteriosofici, di adesioni e di ripulse, questo romanzo è insieme comico e tragico, una “briciola di verità” che sa di dover correre i rischi del vertiginoso, dell’assurdo. Ma è classico assurdo proverbialmente credibile.
(Ed. Einaudi 1976)

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