Che Guevara aveva un gallo – Laura Pariani, Nicola Fantini

Incipit Che Guevara aveva un gallo

A pranzo suo marito si mostrò svogliato, limitandosi a assaggiare soltanto un po’ di verdure alla griglia che Mirella aveva cucinato per sé. Tant’è vero che a lei venne perfino il sospetto che Beppe avesse pastrugnato fuori pasto. Anzi a un certo punto glielo domandò esplicitamente con cera interrogatòria. Però, alle decise negazioni di lui, con tanto di aria da vittima dell’Inquisizione, Mirella optò per non indagare oltre.
Più tardi passò un paio d’ore sul terrazzino ascoltando in cuffia il Don Giovanni di Mozart. Com’era bello starsene in pace quel sabato pomeriggio di giugno, lasciando per qualche ora da parte il pensiero dei prossimi esami di maturità. Dal cortile saliva il profumo dei tigli. Ci stava bene Mirella in quest’appartamento al Lorenteggio, che occupavano ormai da vent’anni. Prima di venire a abitarci, a causa del lavoro di Beppe avevano vissuto alla garibaldina in varie città d’Italia, in case provvisorie, puri luoghi di passaggio per gente con la valigia dietro la porta: con pile di libri affianco al letto, le foto nella cornice dello specchio, i vestiti ammucchiati sulle sedie. Poi, all’epoca del liceo, loro figlio Adriano si era rifiutato di traslocare per l’ennesima volta. Eccosì erano rimasti a Milano che in fin dei salmi era la città in cui sia Mirella che Beppe avevano frequentato l’università. La roeuda della vita, neh.

Incipit tratto da:
Titolo: Che Guevara aveva un gallo
Autori: Laura Pariani, Nicola Fantini
Casa editrice: Sellerio

Libri di Laura Pariani

Copertina di Che Guevara aveva un gallo di Laura Pariani, Nicola Fantini

Quarta di copertina / Trama

Sul Paraguay, Emilio Salgari scrisse un’avventura (nel 1894) «tra selve, indios spietati e complotti politici». Per aver letto quel Tesoro del presidente del Paraguay, ma anche perché lì vive il figlio Adriano impegnato in scavi archeologici nelle antiche reducciones dei Gesuiti, Beppe e Mirella, per il loro anniversario, decidono un viaggio insolito, in quello che appare loro «il paese in cui c’è posto per tutti i sogni»: l’immenso territorio una volta vergine di selve umide dalla leggendaria impenetrabilità e meta inesauribile di «irregolari, pionieri, sognatori di mondi alternativi».
Succede però che, giunti ad Asunción, all’ultimo domicilio il figlio è dato per sconosciuto. Beppe e Mirella partono così alla sua ricerca, dirigendosi dapprima verso le antiche colonizzazioni inghiottite dalla selva. Ma non sono soli: li accompagna, li protegge, li conduce Invención, una bella e abilissima guardia del corpo che conosce tutti i luoghi e le persone giuste. Sotto la sua guida, l’avventura diventa, per i due coniugi non più giovani, una progressiva identificazione nell’anima di un paese sterminato, dalla natura implacabile e dalla storia crudele. Invención li introduce nei misteri mitici delle selve e della gente degli sparsi isolati insediamenti. Poi in un viaggio alla fine delle utopie, nei malinconici «posti morti» dove «le meraviglie dei sogni e le miserie della realtà» hanno urtato tra loro: le libere repubbliche di «selvaggi» fondate dai Gesuti; i Guaraní e la loro ricerca della Terra senza Male; la Nuova Russia dei protestanti Mennoniti; la New Trinacria degli emigranti siciliani; la Nuova Adelaide degli australiani; la città della purezza genetica degli ariani; e tutti gli Eden falliti dei cercatori di Eldoradi. Per finire nell’oggi della «terra stanca dello sfruttamento, stanca dei cadaveri di mille guerre» combattute dalle multinazionali e dai latifondisti contro la ribellione campesina.
In forma di avventura sotto la minaccia di un occulto occhio scrutatore, di libro di viaggio e di romanzo che affonda nella realtà politico sociale, Che Guevara aveva un gallo è un’intensa indagine morale nella storia di un paese appartato e ignoto che offre l’immagine frantumata dei nostri tempi.
(Ed. Sellerio)

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Questo viaggio chiamavamo amore – Laura Pariani

Incipit Questo viaggio chiamavamo amore

Caro Regolo,
non prendertela se non ti ho più scritto. Dall’ultima volta che ci siamo visti son successe così tante cose, che mi ci vorrebbe troppa fatica e almeno un centinaio di fogli anche solo per contarti la meccanica di superficie degli avvenimenti suddetti – e nella villa di Castel Pulci, in cui soggiorno forzatamente, a noi reclusi centellinano la carta, manco fosse oro zecchino.

Incipit tratto da:
Titolo: Questo viaggio chiamavamo amore
Autrice: Laura Pariani
Casa editrice: Einaudi

Libri di Laura Pariani

Copertina di Questo viaggio chiamavamo amore di Laura Pariani

Quarta di copertina / Trama

È il 1907 quando Dino Campana fugge da Marradi alla volta di Montevideo e poi dell’Argentina. Dato che di quel viaggio non esistono fonti certe, Laura Pariani ipotizza un percorso che dalle rive del Paraná lo porta ai bordelli di Rosario fino ai cantieri ferroviari di Bahía Blanca. Come succederà mezzo secolo dopo al giovanissimo Che Guevara partito a conquistare il mondo su una motocicletta, per il ventenne Dino il vagabondaggio attraverso il Sudamerica – a piedi o su mezzi di fortuna – sarà un’occasione per conoscersi e sentire «con delizia l’uomo nuovo nascere». Una ventina d’anni dopo, durante la reclusione a Castel Pulci – tra le angherie dell’infermiere Calibàn, i pasti insipidi e le notti insonni – le domande dello psichiatra Carlo Pariani innescano nel poeta vivide memorie, lettere o telefonate mentali a compagni di viaggio, resoconti di ubriacature e feste selvagge nella pampa, in mezzo a una «natura ineffabilmente dolce e terribile». Con una scrittura densa di atmosfere sudamericane, mescolando echi dei Canti Orfici con la lingua degli emigranti italiani, Laura Pariani tratteggia il contrasto tra la fiammeggiante vitalità di quella fuga giovanile e l’oscurità dell’ultima tappa del viaggio terreno di Campana.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

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Nostra signora degli scorpioni – Laura Pariani e Nicola Fantini

Incipit Nostra signora degli scorpioni

Il vecchio Luis Piana rimase per più di un’ora a fumare in silenzio nell’oscurità della riva, dove tre grandi salici si curvavano al vento, come se a stento potessero sostenere le loro foltissime chiome che ricadevano a lambire la superficie del lago. Era proprio qui che veniva ai bei tempi con i ragazzi di casa Costa – Giovanni, Demetrio, e il servitorello Frèm – a fare il bagno o a cacciare bisce d’acqua; oppure poco più sopra, al pozzo dell’Orchéra, a cui erano soliti affacciarsi ridendo per contemplare l’occhio nero dell’acqua sul fondo.

Incipit tratto da:
Titolo: Nostra signora degli scorpioni
Autori: Laura Pariani e Nicola Fantini
Casa editrice: Sellerio

Libri di Laura Pariani

Copertina di Nostra signora degli scorpioni di Laura Pariani

Quarta di copertina / Trama

Nell’avanzante autunno del 1869, Orta, sul lago, è un borgo tranquillo e forse intorpidito, solo con un fremito di animosità verso i forestieri. Ci vive Enrico Costa, detto il Francesino, ultimo figlio di una famiglia proprietaria squassata dalla disgrazia; vi soggiorna il grande scrittore Dostoevskij, in cerca di un riparo appartato dall’assillo dei creditori; vi scorrono le esistenze immutabili di tanti, ciascuno col suo soprannome, ciascuno con la smorfia tipica del volto che svela a tutti carattere e destino, ciascuno tormentato da qualcosa di indicibile. Perché qui, cinquantasei anni prima, è avvenuto un macabro delitto, di quelli germinati nel torbido di una famiglia e nell’odio di famiglie tra loro.
Teodoro Costa, bisnonno di Enrico, è stato ucciso con feroce violenza. Facilmente, la giustizia ha trovato il colpevole nel figlio Demetrio, ghigliottinato dopo un rapido processo. Tutta la famiglia dispersa.
Tornato dalla Francia, dove il nonno s’era stabilito seguendo l’armata napoleonica, l’ancor giovane Enrico il Francesino non è mai stato ben accolto in paese. Poeta e scrittore, ha sempre avuto il desiderio di scrutare nell’oscurità intorno alla storia dei suoi avi. Inoltre, un rasoio e un messaggio cifrato ritrovati per caso, gli sembrano una combinazione troppo azzardata per non essere un messaggio. Il suo itinerario progressivo, di verità e di liberazione, s’incontra con la curiosità intellettuale di Fedja Dostoevskij, che invece è motivato dall’inquietudine e dal continuo interrogarsi sulla colpa e sull’odio alla base della sua ricerca spirituale.
Lentamente, si apre il velo della storia segreta, che è storia di tante vite che portano il proprio tributo di dolore, ingiustizia tragica e vendetta.
Al fondo di Nostra Signora degli scorpioni sta un fatto di sangue e abiezioni familiari realmente accaduto. Ma non è una cronaca, è un romanzo di atmosfera e di mistero, segnato da una densa malinconia, e richiama la letteratura che attraverso il delitto si immerge negli abissi dell’io (da cui la presenza allusiva nella storia del genio dei Fratelli Karamazov).
Una prosa che ricorre spesso al detto e al proverbio, usando il commento corale di una folla di personaggi di sfondo, evoca così in modo palpabile lo spirito dei luoghi, e scolpisce ogni personaggio nella sua unicità.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

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