Lo spazio bianco – Valeria Parrella

Incipit Lo spazio bianco – Valeria Parrella

Incipit Lo spazio bianco

Ne avevo fatte di mense universitarie, a Lettere nessuno studente avrebbe mai ceduto il passo a un professore e nessun professore se lo sarebbe aspettato, ma appunto: era uno schema codificato anche quello. A non seguirlo si rischiava di non riconoscersi più, o peggio: che fossero gli altri a non riconoscerti.
Così ci eravamo incontrati io e Fabrizio, alla mensa dell’Orientale che era più pulita della nostra e dove nessuno ti chiedeva il libretto per entrare. Prima che fiorisse la moda della cantina a prezzo fisso ci trovavamo un’umanità strana, che si lamentava della scelta tra i primi anche se tutto il pasto costava cinquecento lire, e anche se poi ce ne volevano ottomila per andare al teatro. Io e Fabrizio non avevamo le ottomila e nemmeno il tempo per il teatro, perché dovevamo studiare. Far slittare un esame poteva significare dover comprare un libro nuovo, far slittare una sessione poteva significare ripagare le tasse. Mia madre si vergognava di un esonero per reddito, io ne pretendevo uno per merito.

Incipit tratto da:
Titolo: Lo spazio bianco
Autrice: Valeria Parrella
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Lo spazio bianco

Lo spazio bianco - Valeria Parrella

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Quarta di copertina / Trama

Maria insegna italiano in una scuola serale di Napoli, legge Dante e Leopardi a giganteschi camionisti che faticano a infilarsi nei banchi.
Una sera, tornando a casa, un dolore rotondo e forte la precipita nella sala d’aspetto di un ospedale: «Quelli sono medici, signò, che vi possono rispondere?»
Narrata con una voce ribelle che pure sa trovare i toni dell’indulgenza, una storia che inizia come un destino di solitudine personale e piano piano si trasforma in un caldo coro di scoperte, volti, incontri. Tanto che a Maria sembra quasi che siano la vita e la città a farle da compagne.
Un libro bruciante, profondo e luminoso.
Succede a volte che un imprevisto interrompa il corso normale della vita: un accidente si mette di traverso, e d’un tratto il tempo si biforca. Alla drammatica rapidità dell’istante si affianca un tempo diverso, dilatato e fermo: il tempo dell’attesa. «Io non sono buona ad aspettare, – dice Maria, la protagonista di questo romanzo. – Non sento curiosità nel dubbio, né fascino nella speranza. Aspettare senza sapere è stata la più grande incapacità della mia vita».
Eppure non può fare altro, perché sua figlia Irene è arrivata troppo presto: dietro l’oblò dell’incubatrice, Maria osserva le ore passare come una sequenza di possibilità. Niente è più come prima, la circonda un mondo strano fatto di medici e infermieri, donne accoltellate, attese insensate sui divanetti della sala d’aspetto. Nei giorni si susseguono le sigarette dalla finestrella dell’ospedale, le mense con gli studenti di medicina, il dialogo muto coi macchinari, e soprattutto il suo lavoro: una scuola serale dove un’umanità deragliata fatica sui Promessi Sposi per conquistarsi la terza media fuori tempo massimo.
E tutto intorno Napoli, con le sue imperscrutabili contraddizioni, si rivela lo scenario ideale per chi comincia a capire che la vita e la morte, la speranza e la paura sono aspetti della stessa realtà.
Alla fine non restano che la tensione e l’abbandono «di quando in un momento, nella vita, sbuca una cosa inaspettata e piena e tua»
(Ed. Einaudi)

Da questo romanzo il film Lo spazio biancoper la regia di Francesca Comencini (2009)

Il mondo deve sapere – Michela Murgia

Incipit Il mondo deve sapere – Michela Murgia

Incipit Il mondo deve sapere

Deh, direbbe Silvia.
Ho iniziato a lavorare in un call center. Quei lavori disperati che ti vergogni a dire agli amici.
«Cosa fai?»
E tu: «Be’, mi occupo di promozione pubblicitaria».
Che meraviglia l’italiano, altro che giochi di prestigio.
Ma questo non è un call center comune. È un call center della Kirby. E ’sti cazzi, mica robetta!
Ho saputo subito che era il call center che cercavo, quello dove avrei potuto davvero divertirmi.
Non l’innocente sorriso del bambino davanti alla farfallina.
Direi piuttosto il sadico sorriso del bambino mentre con uno spillone fissa la farfallina al pezzetto di sughero per iniettarle la formalina.
Mentre è ancora viva, ovviamente.

Incipit tratto da:
Titolo: Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria
Autrice: Michela Murgia
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Il mondo deve sapere

Copertine di Il mondo deve sapere di Michela Murgia

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Quarta di copertina / Trama

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Nel 2006 Michela Murgia viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del «mostro», l’oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro. Mentre per trenta interminabili giorni si specializza nelle tecniche della persuasione occulta, l’autrice apre un blog, dove riporta in presa diretta l’inferno del telemarketing con le sue tecniche di condizionamento, le riunioni motivazionali, le premiazioni e i raggiri psicologici, i salari e i castighi aziendali. Divertente come una sitcom e vero come una profezia, Il mondo deve sapere riesce nel miracolo di indignare e far ridere. Perché a dieci anni di distanza dalla sua prima pubblicazione tutti devono sapere che, nel tritacarne del mondo del lavoro, poco o niente è cambiato.
(Ed. Einaudi; Super ET)

Da questo romanzo il film Tutta la vita davantiper la regia di Paolo Virzì (2008)

Finché c’è prosecco c’è speranza – Fulvio Ervas

Incipit Finché c’è prosecco c’è speranza – Fulvio Ervas

Incipit Finché c’è prosecco c’è speranza

13 Agosto, giovedì L’osteria di Secondo, nel centro di Treviso, è una meraviglia: belle sedie impagliate, bancone di marmo e atmosfera familiare. Sulle pareti bianche, neri disegni di viti potate. L’occhio esperto potrà riconoscervi il Guyot o il Sylvoz, ma anche l’inesperto può godere di quegli eleganti corpi contorti, con archi e speroni. La potatura è l’alfa, per Secondo, il momento in cui si fonde passato, presente e futuro della vite. E del vino, naturalmente, un organismo vivo né più né meno dei clienti, onesti perdigiorno che si sgranchiscono dalla fretta seduti ai tavoli.

Incipit tratto da:
Titolo: Finché c’è prosecco c’è speranza
Autore: Fulvio Ervas
Casa editrice: Marcos y Marcos
Qui è possibile leggere le prime pagine di Finché c’è prosecco c’è speranza

Finché c’è prosecco c’è speranza - Fulvio Ervas

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Quarta di copertina / Trama

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Ferragosto di fuoco per l’ispettore Stucky: in gita tra le colline del prosecco con le belle vicine di casa, si sveglia in un letto non suo, in posizione non consona. Unica certezza, le stelle. Di ritorno a Treviso, cercando conforto tra i calici, trova il suo oste di fiducia malinconico: non si capacita del suicidio plateale del conte Ancillotto, fornitore di vini d’eccellenza. Perché dovrebbe suicidarsi, un uomo che ama le donne, camminare, guardare il fuoco e, naturalmente, il vino? Mentre Stucky indaga a modo suo, conversando con la governante, l’amante a cottimo e il prete, piomba in paese Celinda Salvatierra, tellurica come le terre andine da cui proviene. È l’unica erede del conte Ancillotto, e semina il panico tra i viticoltori minacciando di sradicare le vigne per impiantare filari di banani a perdita d’occhio. In una notte di temporale, tre colpi di pistola si confondono con i tuoni. L’ingegner Speggiorin, direttore del cementificio, cade nel fango per sempre. Stucky intravede i soliti intrighi mondani dietro queste morti innaturali – corna, rivalità, vendetta – ma sa che la vera risposta è nei gas, nel vento. Nelle bollicine del prosecco, nella polvere che si innalza dai camini del cementificio e si posa su insalate, acque, grappoli dorati. Nella ruggine che il matto del paese gratta sulle tombe dei concittadini, impartendo benedizioni, ma anche “fragnoccole a destra e a sinistra con palo di robinia…”
(Ed. Marcos y Marcos)

Da questo romanzo il film del 2017 Finché c’è prosecco c’è speranza per la regia di Antonio Padovan