Incipit Bolle di sapone
Quando era piccolo, Massimo adorava tornare da scuola e trovare la mamma a casa che lo aspettava.
Era un piacere che cominciava già la mattina, in classe, perché la mamma di Massimo non c’era quasi mai, o almeno così sembrava a lui: sempre in giro per il mondo a sorvegliare la costruzione di ponti che progettava quando era a casa. O meglio, in studio. Studio nel quale spesso pranzava direttamente, perché c’è tanto lavoro da fare. Ma te che lavoro fai, mamma? Io sono un ingegnere, tesoro. Progetto ponti. E una volta che li hai progettati, perché non li fai costruire a quegli altri e te non resti a casa col tuo bimbo?
A quella domanda, la mamma sorrideva, lo tirava su per le ascelle e lo abbracciava forte.
Poi andava via, e per una settimana Massimo non la vedeva più. E restava a casa con nonna Tilde e nonno Ampelio. Non che ci stesse male, con loro, ma mamma era un’altra cosa.
(Prologo)
Qui è possibile leggere le prime pagine di Bolle di saponeLa catena degli eventi che aveva portato madre e figlio a una convivenza forzata era cominciata qualche settimana prima, il quindici di febbraio, quando Massimo era andato a prendere sua madre in aeroporto. Uno di quei piccoli appuntamenti sporadici, ma fissi, che costituivano la base del poco tempo che passavano insieme. E che di solito, di solito, erano un momento piacevole e privo di tensioni.
Incipit tratto da:
(Inizio)
Titolo: Bolle di sapone
Autore: Marco Malvaldi
In copertina: Les Bulles de Savon di Erté, 1918 (particolare)
Casa editrice: Sellerio
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Quarta di copertina / Trama
Sono i giorni del Covid. Per la prima volta nei loro ottant’anni suonati, i Vecchietti del BarLume si sentono tali. Sono isolati e dubitano di avere ancora un futuro. Il tempo gli svanisce spulciando «ogni tipo di statistica sul virus esistente al mondo». Il bancone di Massimo il Barrista, fino a ieri cabina della macchina del pettegolezzo investigativo, è vuoto di chiacchiere. Persino la mamma di Massimo, la Gigina, è ritornata a casa, un piccolo tormento in più nelle giornate di Massimo, e una voce spiritosa che si aggiunge al gruppo toscaneggiante; ingegnere geniale in giro per il mondo, con un intuito più acuto perfino del brillante figlio. Ma provvidenzialmente l’occasione «per non farsi i fatti loro» arriva. Alice, la vicequestora fidanzata del Barrista, bloccata in Calabria per un corso di aggiornamento per poliziotti, commette l’imprudenza di chiedere un’informazione innocua a uno dei vecchietti: quanto basta per insospettire la maldicenza e così scatenare i segugi venerandi. In Calabria c’è stata una strana doppia morte di due anziani coniugi. Lui, proprietario di una catena di pizzerie, è stato fulminato da una fucilata mentre era in coda al supermercato; forse criminalità organizzata. La moglie è morta per una ingestione di botulino. Anche se condannati a comunicare via computer e telefonini, per i vecchietti le coincidenze continuano a non esistere. Ritrovando il metodo confusionario che li ispira, il turpiloquio creativo, il dialogo immaginosamente sferzante, risolvono in smart working un intrigo a più piani. Ma usando anche tutta la pietà e la solidarietà sociale, che fu a lungo l’ideaforza di quella generazione.
In questa nuova commedia gialla di Marco Malvaldi, ambientata in pieno lockdown, i Vecchietti del BarLume sono ancor più protagonisti e sottili risolutori, con tutte le balordaggini che si trascinano a ogni passo. E il loro sguardo, pur appannato, è più che mai penetrante nelle ingiustizie sociali e nelle diseguaglianze messe in risalto dal momento tremendo. Ma sarà Massimo, come al solito, a mettere la parola fine a tutta l’intricata indagine, con tanta capacità di entrare in sintonia col prossimo, e un’arguzia in più che sorprende tutti. Così, l’autore, avventurosamente, rappresenta in trasparenza la condizione di tutti gli anziani e ricorda la necessità dei valori che li animano.
(Ed. Sellerio; La memoria)