I testamenti – Margaret Atwood

Incipit I testamenti – Margaret Atwood

Incipit I testamenti

Solo chi è morto ha diritto a una statua; a me, invece, ne è stata dedicata una in vita. Sono già di pietra.
La statua era un piccolo segno di stima per i miei tanti contributi, diceva la motivazione letta da Zia Vidala. L’incarico le era stato dato dai nostri superiori e le risultava tutt’altro che gradito. La ringraziai facendo appello a tutta la mia umiltà, poi tirai bruscamente la fune e sciolsi il drappeggio che mi avvolgeva; svolazzò fino a terra, ed eccomi lì. Non siamo facili all’entusiasmo, qui ad Ardua Hall, tuttavia si levò un applauso discreto. Feci un cenno col capo.
La mia statua è più grande del naturale, come tendono a essere le statue, e mi rappresenta più giovane, più magra e più in forma di quanto non sia da tempo. Me ne sto eretta, spingo indietro le spalle, piego le labbra in un sorriso fermo ma benevolo. Fisso lo sguardo su un punto del cosmo che vorrebbe rappresentare il mio idealismo, la mia incrollabile dedizione al dovere, la mia determinazione a proseguire a dispetto di ogni ostacolo. Non che la mia statua possa vedere qualcosa del cielo, collocata com’è nel cupo gruppetto di alberi e arbusti che fiancheggia il sentiero davanti ad Ardua Hall. Noi Zie non dobbiamo essere troppo superbe, nemmeno quando siamo di pietra.

Incipit tratto da:
Titolo: I testamenti
Autrice: Margaret Atwood
Traduzione: Guido Calza
Titolo originale: The Testaments
Casa editrice: Ponte alle Grazie
Qui è possibile leggere le prime pagine di I testamenti

I testamenti - Margaret Atwood

Incipit The Testaments

Only dead people are allowed to have statues, but I have been given one while still alive. Already I am petrified.
This statue was a small token of appreciation for my many contributions, said the citation, which was read out by Aunt Vidala. She’d been assigned the task by our superiors, and was far from appreciative. I thanked her with as much modesty as I could summon, then pulled the rope that released the cloth drape shrouding me; it billowed to the ground, and there I stood. We don’t do cheering here at Ardua Hall, but there was some discreet clapping. I inclined my head in a nod.
My statue is larger than life, as statues tend to be, and shows me as younger, slimmer, and in better shape than I’ve been for some time. I am standing straight, shoulders back, my lips curved into a firm but benevolent smile. My eyes are fixed on some cosmic point of reference understood to represent my idealism, my unflinching commitment to duty, my determination to move forward despite all obstacles. Not that anything in the sky would be visible to my statue, placed as it is in a morose cluster of trees and shrubs beside the footpath running in front of Ardua Hall. We Aunts must not be too presumptuous, even in stone.

Incipit tratto da:
Title: The Testaments
Author: Margaret Atwood
Publisher: Nan A. Talese
Language: English

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Quarta di copertina

Il seguito del libro di Margaret Atwood riprende le fila della storia là dove era stata interrotta grazie ai testamenti esplosivi di tre donne di Gilead.
«Questo libro nasce da tutte le domande che mi avete fatto su Gilead e i suoi meccanismi interni. Beh, non solo da questo. L’altra fonte di ispirazione è il mondo in cui viviamo oggi» – Margaret Atwood
(Ed. Ponte alle Grazie)

Seme di strega – Margaret Atwood

Incipit Seme di strega – Margaret Atwood

Incipit Seme di strega

Lunedì, 7 gennaio 2013
Felix si lava i denti. Poi lava gli altri denti, quelli finti, e li sistema in bocca. Nonostante lo strato di pasta rosa che ha applicato, non aderiscono bene; forse le gengive si stanno ritirando. Sorride: l’illusione di un sorriso. Finzione, farsa, ma tanto, chi se ne accorgerà?
Un tempo avrebbe chiamato il suo dentista e preso un appuntamento, e la lussuosa poltrona in finta pelle sarebbe stata sua, il viso partecipe, profumato di collutorio alla menta, le mani esperte ad armeggiare con strumenti lucidi. Ah, sì, vedo dov’è il problema. Non si preoccupi, lo sistemiamo al volo. Come portare l’auto dal meccanico per un controllo. Magari gli avrebbe concesso perfino la musica in cuffia e una pastiglia semianestetizzante.
Ma ora non può permettersi riparazioni professionali di quel tenore. Ha un dentista da quattro soldi, per questo è alla mercé di denti inaffidabili. Peccato, perché per il gran finale non gli manca proprio nient’altro che un collasso della dentiera. Le noszre fesze ssceniche ssono finize. Queszi noszri azzori… Se dovesse accadere, l’umiliazione per lui sarebbe totale, al solo pensiero gli arrossiscono anche i polmoni. Se le parole non sono perfette, le entrate esatte, il tono studiato con estrema cura, la magia fallisce. La gente comincia a muoversi sulle sedie, a tossire, e nell’intervallo se ne va. È come la morte.

Incipit tratto da:
Titolo: Seme di strega: Una riscrittura della Tempesta
Autrice: Margaret Atwood
Traduzione: Laura Pignatti
Titolo originale: Hag-seed
Casa editrice: Rizzoli
Qui è possibile leggere le prime pagine di Seme di strega

Seme di strega – Margaret Atwood

Incipit Hag-seed

Monday, January 7, 2013.

Felix brushes his teeth. Then he brushes his other teeth, the false ones, and slides them into his mouth. Despite the layer of pink adhesive he’s applied, they don’t fit very well; perhaps his mouth is shrinking. He smiles: the illusion of a smile. Pretense, fakery, but who’s to know?
Once he would have called his dentist and made an appointment, and the luxurious faux-leather chair would have been his, the concerned face smelling of mint mouthwash, the skilled hands wielding gleaming instruments. Ah yes, I see the problem. No worries, we’ll get that fixed for you. Like taking his car in for a tuneup. He might even have been graced with music on the earphones and a semiknockout pill.
But he can’t afford such professional adjustments now. His dental care is low-rent, so he’s at the mercy of his unreliable teeth. Too bad, because that’s all he needs for his upcoming finale: a denture meltdown. Our revelth now have ended. Theeth our actorth . . . Should that happen, his humiliation would be total; at the thought of it even his lungs blush. If the words are not perfect, the pitch exact, the modulation delicately adjusted, the spell fails. People start o shift in their seats, and cough, and go home at intermission. It’s like death.

Incipit tratto da:
Title: Hag-seed: The Tempest retold
Author: Margaret Atwood
Publisher: Knopf
Language: English

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Quarta di copertina / Trama

«C’è una tempesta. E vendetta, decisamente vendetta.»
Felix è un regista teatrale di successo. Da parecchie stagioni, le punte di diamante del cartellone del Makeshiweg Theatre Festival sono proprio i suoi allestimenti ingegnosi, provocanti per natura.
Eppure, nulla di ciò che ha portato in scena finora potrà reggere il confronto con la brillante, spiazzante rilettura della shakespeariana Tempesta che, all’indomani della morte dell’amata figlia Miranda, Felix si è messo in testa di produrre. O per lo meno, questo è il piano.
Se non che, vittima di un volgare tradimento da parte del suo socio in affari, Felix si ritrova d’improvviso a vivere in totale solitudine, estromesso con un colpo di mano dal mondo del teatro, in una catapecchia in mezzo al niente: uno sconfortante luogo pieno di assenze che però si rivela ben presto ideale per rimasticare le sue mire di vendetta contro chi pensava di averlo ormai escluso, giocando d’astuzia, dal palcoscenico della vita.
Margaret Atwood, scrittrice visionaria e di impareggiabile acume, reinterpreta La tempesta di Shakespeare e costruisce un romanzo brillante, definito dal britannico Guardian «ribelle, che si legge tutto d’un fiato, spassoso».
(Ed. Rizzoli)

Per ultimo il cuore – Margaret Atwood

Incipit Per ultimo il cuore – Margaret Atwood

Incipit Per ultimo il cuore

A dormire in macchina si sta stretti. Essendo una Honda di terza mano, oltretutto, non è una reggia. Fosse un furgone, avrebbero più spazio, ma figuriamoci se possono permettersi un furgone, non potevano nemmeno ai tempi in cui pensavano di avere grana. Stan dice che sono fortunati ad avere una macchina di qualunque tipo, che è vero, ma non serve a farla diventare più grande.
Secondo Charmaine, Stan dovrebbe dormire dietro, perché gli serve più spazio – è giusto così, lui è più grosso –, e invece è costretto a stare davanti per partire e allontanarsi in fretta, in caso di emergenza. Non si fida della capacità di Charmaine di connettere, in quelle circostanze: dice che sarebbe troppo impegnata a strillare per guidare. Quindi Charmaine può prendersi il retro, più spazioso, eppure le tocca lo stesso raggomitolarsi come una lumaca, perché non riesce certo a distendersi.

Incipit tratto da:
Titolo: Per ultimo il cuore
Autrice: Margaret Atwood
Traduzione: Elisa Banfi
Titolo originale: The Heart Goes Last
Casa editrice: Ponte alle Grazie
Qui è possibile leggere le prime pagine di Per ultimo il cuore

Per ultimo il cuore – Margaret Atwood

Incipit The Heart Goes Last

Sleeping in the car is cramped. Being a third-th Honda, it’s no palace to begin with. If it was a van they’d have more room, but fat chance of affording one of those, even back when they thought they had money. Stan says they’re lucky to have any kind of a car at all, which is true, but their luckiness doesn’t make the car any bigger.
Charmaine feels that Stan ought to sleep in the back because he needs more space — it would only be fair, he’s larger — but he has to be in the front in order to drive them away fast in an emergency. He doesn’t trust Charmaine’s ability to funcljon under those circumstances: he says she’d be too busy screaming to drive.
So Charmaine can have the more spacious back, though even so she has to curl up like a snail because she can’t exactly stretch out.

Incipit tratto da:
Title: The Heart Goes Last
Author: Margaret Atwood
Publisher: Nan a Talese
Language: English

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Quarta di copertina / Trama

In un Nord America messo in ginocchio da una disastrosa crisi economica e dal dilagare della criminalità, Stan e Charmaine, una giovane coppia innamorata, cedono alla falsa lusinga della normalità e della sicurezza promesse da un avvenente progetto, in cambio della rinuncia a qualche «piccola» libertà personale. Finiscono in una città troppo bella per essere vera, dove tutti hanno una casa e stanno bene, dove il prezzo è lavorare per un losco personaggio a capo della comunità, facendo cose orribili: per esempio praticare iniezioni letali ai condannati a morte o lavorare in una sorta di mercato del sesso.
Si ritrovano così a fare il male per libera scelta ma contro la loro volontà. Questa situazione conflittuale li trascinerà in un surreale complotto che darà lo spunto per interrogarsi su cosa significhi amare – in un futuro dove non solo il sesso ma anche l’amore è mercificato – e scegliere. Una riflessione spumeggiante e graffiante, calata in una narrazione serratissima, dal ritmo travolgente, che usa con disinvoltura il paradosso e l’ironia per portare alla luce quelle gemme preziose nascoste nell’arte di Margaret Atwood: pensieri nuovi.
(Ed. Ponte alle Grazie)