La strada che va in città – Natalia Ginzburg

Incipit La strada che va in città – Natalia Ginzburg

Incipit La strada che va in città

Il Nini abitava con noi fin da quando era piccolo. Era figlio d’un cugino di mio padre. Non aveva più i genitori ed avrebbe dovuto vivere col nonno, ma il nonno lo picchiava con una scopa e lui scappava e veniva da noi. Finché il nonno morì e allora gli dissero che poteva stare sempre a casa. Senza il Nini eravamo cinque fratelli. Prima di me c’era mia sorella Azalea, che era sposata e abitava in città. Dopo di me veniva mio fratello Giovanni, poi c’erano Gabriele e Vittorio. Si dice che una casa dove ci sono molti figli è allegra, ma io non trovavo niente di allegro nella nostra casa. Speravo di sposarmi presto e di andarmene come aveva fatto Azalea. Azalea s’era sposata a diciassette anni. Io avevo sedici anni ma ancora non m’avevano chiesta. Anche Giovanni e anche il Nini volevano andarsene. Solo i piccoli erano ancora contenti. La nostra casa era una casa rossa, con un pergolato davanti.
Tenevamo i nostri vestiti sulla ringhiera delle scale, perché eravamo in molti e non c’erano armadi abbastanza.

Incipit tratto da:
Titolo: La strada che va in città
Autrice: Natalia Ginzburg (Alessandra Torninparte)
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di La strada che va in città

La strada che va in città - Natalia Ginzburg

Quarta di copertina / Trama

La strada che va in città, uscito nel 1943 sotto lo pseudonimo di Alessandra Torninparte, è il primo romanzo di Natalia Ginzburg, ma ha già le note inconfondibili delle sua scrittura.
La narrazione piana, tutta calata nei fatti piccoli e grandi della vita quotidiana si adatta alle sofferenze prive di coscienza, alle aspirazioni infantili, alle solitudini nascoste di gente comune, per la quale la strada che va in città è ragione di un turbamento, ma anche unico appiglio all’illusione. Nel ripetersi di gesti imposti dalla tradizione familiare o imitati dalla moda cittadina, affiora la novità che commuove in questo romanzo, l’amore di Nini. È per lui che la protagonista racconta la sua storia e, nel gioco della memoria, rievoca ciò che nella vita le è passato accanto come un mistero incomprensibile.
(Ed. Einaudi; Tascabili Letteratura 1992)

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Mai devi domandarmi – Natalia Ginzburg

Incipit Mai devi domandarmi – Natalia Ginzburg

Incipit Mai devi domandarmi

Avendo un abbonamento all’opera, vado all’opera più volte nell’anno. Non capisco la musica: perciò non ascolto. Spesso dormo, oppure penso. Penso a tutte le opere che ho sentito nella mia vita. Non ascoltato: sentito. E forse anche sentito è troppo dire. Penso a tutte le opere alle quali ho assistito, testimone inutile e perduto nei propri pensieri. Il Teatro dell’Opera, che frequento da tempo, e dove a lungo ho dormito e pensato, è un luogo assai familiare e quindi ospitale per me.
Ogni volta mi propongo d’ascoltare: ogni volta decido che ascolterò. Ma dopo un poco la mia attenzione svanisce. Vi sono brevi istanti nei quali, involontariamente e quasi distrattamente, ascolto: e in quei brevi istanti, godo i suoni. La soddisfazione d’avere ascoltato è così grande, che mi perdo nel suo mare: ed eccomi di nuovo assente.
(Mai devi domandarmi)

Incipit tratto da:
Titolo: Mai devi domandarmi
Autrice: Natalia Ginzburg
Casa editrice: Garzanti
Qui è possibile leggere le prime pagine di Mai devi domandarmi

Mai devi domandarmi - Natalia Ginzburg

Quarta di copertina / Trama

Natalia Ginzburg possiede la capacità di comunicare col proprio lettore senza diaframmi. Qualcuno parla di semplicità, di immediatezza naif è quello che si chiude a difendere gelosamente dentro a emblemi in apparenza semplici ma mirabolanti d’aspetto, i frutti della propria immaginazione. Li difende perchè istintivamente sente che al di là di essi la cultura può, in un istante, tutto corrodere e dissolvere. Lo scrittore naif procede per passi obligati, per lui inventare e immaginare è un operazione dolciastra e rituale. In Natalia Ginzburg niente di tutto questo. Anzitutto la sua libertà compositiva e la rigorosa unità di fondo che lega ogni sua pagina: tanto che il suo discorso, dopo le prime prove narrative, i primi esperimenti della propria materia emozionale, appare come un continuo, un’opera in progress, nel corso della quale polifonicamente, i diversi temi – dalla vita di casa alla vita in pubblico, dall’esperienza dell’arte a quella del pensiero – si rincorrono, si incastrano musivamente tra loro così da comporre un quadro sottilmente elaborato, dalla precisa filigrana.
E poi la presa immediata sul lettore: quansi una virtù medianica attraverso cui Natalia Ginzburg a toccare certe ansie nascoste, certi bisogni di luce che si annidano nell’animo di tutti. E dentro le pieghe delle emozioni ella sa muoversi inavvertibilmente, trovando subito la parola giusta, o nella parola da altri pronunciata una verità che nessuno vi sospetterebbe
Questo libro, dove il racconto sfuma nella riflessione, o viceversa, dove gli stimoli e i problemi del mondo di oggi affiorano con la prepotenza con cui li viviamo, piùche uno zibaldone di pensieri, o lo scartafaccio in cui la propria vita è raccontata, appare, nel terso disegno dei suoi capitoli staccati e tutti uniti dalla medesima sensibilità, come il romanzo che mai nessuno racconta a se stesso. Il romanzo dei propri incontri con la realtà, delle proprie risposte tutte indirizzate a capirla e a scioglierla dagli enigmi intellettualistici dietro cui molti amano celarla. Un romanzo di cui si è solo noi protagonisti ma che per essere tale bisogna che ogni vistoso narcisismo sia obliterato – e il mondo, nella sua ricchezza prospettica, prenda a mandare il suo arcano suono melodioso che è difficile far sentire.
Natalia Ginzburg vi riesce, quando il suo « io », delicatamente, va a nascondersi dietro un proprio antico dolore, e di là parla con la dolcezza quieta e arresa dei saggi.
Enzo Siciliano
(Ed. Garzanti; Romanzi Moderni 1970)

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Serena Cruz o la Vera Giustizia – Natalia Ginzburg

Incipit Serena Cruz o la Vera Giustizia - Natalia Ginzburg

Incipit Serena Cruz o la Vera Giustizia

Di Serena Cruz, e dei suoi primi genitori adottivi, si è parlato tanto, nella scorsa primavera. E adesso, in questi giorni della fine di dicembre, il caso di Serena Cruz si è riaperto. I giornali dicono che forse il suo primo padre adottivo non aveva mentito, come affermavano i giudici minorili, né aveva frodato la legge, perché sembra esservi una prova che è lui il vero padre. Dicono i giornali che, se è così, la bambina che gli è stata tolta dovrà essergli restituita.

Incipit tratto da:
Titolo: Serena Cruz o la Vera Giustizia
Autrice: Natalia Ginzburg
Casa editrice: Einaudi

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Copertine di Serena Cruz o la Vera Giustizia di Natalia Ginzburg

Quarta di copertina / Trama

«Scriverò questo breve libro perché sia ricordata la storia di Serena Cruz, a tutti quelli che ieri la leggevano sui giornali, e perché ne sia data notizia a quelli che non ne sanno nulla. Poi la scrivo perché siano ricordati altri fatti, che riguardano le adozioni e i bambini, altri fatti che sul momento hanno suscitato scalpore e che sono stati rapidamente dimenticati. Abbiamo tutti la memoria corta.
E infine lo scrivo per testimoniare solidarietà alle persone a sono stati strappati i bambini, che esse avevano fino a quel giorno amato e accudito. Per testimoniare solidarietà alle persone, genitori e bambini, che hanno visto , come Serena Cruz e i suoi genitori adottivi, distrutta in un attimo la tranquillità familiare, traditi e calpestati gli affetti, e che acerbamente hanno sofferto devastazioni, separazioni e perdite.»
(Ed. Einaudi; Gli Struzzi)