I giovedì della signora Giulia – Piero Chiara

Il Dottor Corrado Sciancalepre arrivò nel suo ufficio verso mezzogiorno.

Incipit I giovedì della signora Giulia

Il Dottor Corrado Sciancalepre arrivò nel suo ufficio verso mezzogiorno.
Era stato in pretura a deporre come testimone in un processo di furto col quale si concludeva una paziente operazione che l’aveva occupato a lungo.
Dotato di un fiuto particolare, cioè di quella speciale forma mentale che conferisce ai grandi poliziotti la possibilità di immedesimarsi nel delinquente, il dottor Sciancalepre aveva raccolto molti successi e non era lontano da una meritata promozione. A malincuore tuttavia avrebbe lasciato la cittadina di M. nell’alta Lombardia, dove da dieci anni era commissario di pubblica sicurezza e dove erano nati i suoi due figli. Sebbene palermitano di nascita, il dottor Sciancalepre era oramai assimilato all’ambiente, padrone perfino del dialetto e circondato da un timore reverenziale, ed era particolarmente amato dai delinquenti, che quasi godevano nel farsi acciuffare da lui, tanto li sapeva trattare. Era nato per il delinquente, come il cacciatore per la selvaggina. Oltre al suo lavoro di investigatore, il dottor Sciancalepre aveva sempre svolto una preziosa per quanto poco appariscente attività nel conciliare mogli e mariti e nel rimettere sulla buona strada molti figli di famiglia. Era, come si dice, una istituzione. E non si teneva festa o riunione nelle ville dei maggiorenti del paese, dove non fosse invitato insieme alla sua grassa e pacifica signora. In pretura, quella mattina, il gruppetto dei ladri era difeso dall’avvocato Esengrini, il più abile e autorevole penalista del luogo, noto in tutta la provincia e fuori.

Incipit tratto da:
Titolo: I giovedì della signora Giulia
Autore: Piero Chiara
Casa editrice: Mondadori

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Copertine di I giovedì della signora Giulia di Piero Chiara

Quarta di copertina / Trama

“In una quieta, graziosa cittadina di provincia, situata sulle placide rive di un lago dell’Italia settentrionale, un avvenimento del tutto imprevedibile, sconvolgente, porta un brivido di eccitazione, quasi di paura: la signora Giulia, molto ammirata nella buona società, è scomparsa improvvisamente dalla sua bella villa sepolta fra gli alberi del parco immenso. Il marito, l’avvocato Esengrini – assai più vecchio di lei, potrebbe quasi esserle padre – decide di rivolgersi alla polizia per rintracciare la moglie. Il commissario locale, dottor Sciancalepre, uomo acuto e perspicace, ma anche profondamente umano, ricostruisce a poco a poco, nel corso delle indagini, un ritratto del tutto inedito di questa bella donna giunta al fulgore, ma anche alla crisi, della maturità, malata di solitudine, o forse, di bovarismo. In un succedersi di colpi di scena, nuovi personaggi salgono alla ribalta del romanzo, mettendo a fuoco non solo quello che di Giulia si nascondeva sotto la vernice di quieta rispettabilità, ma anche le pieghe più riposte del suo ambiente apparentemente borghese e sereno. “Siamo tutti colpevoli” sembra essere a un certo punto la tesi chiave di questo giallo, legato al ritmo tradizionale del suspense fino all’ultima pagina, però assolutamente originale, perché i protagonisti, per usare le parole sono “quel miscuglio o alternativa di bene e di male, di luce e di tenebre, di speranza e disperazione che è la vicenda umana”.

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Il capostazione di Casalino – Piero Chiara

Incipit Il capostazione di Casalino

Da quando, una decina d’anni or sono, un mio amico dentista era stato con la moglie a Copenhagen, avevo deciso di non mettere mai piede in quella città. Il dentista mi aveva raccontato d’una specie di Giardino dell’Eden , chiamato Tivoli, un immenso parco di divertimenti sul genere Prater di Vienna o di Disneyland, che aveva giudicato una delle sette meraviglie della terra.
(L’italiano Pettoruto)

Incipit tratto da:
Titolo: Il capostazione di Casalino
Autore: Piero Chiara
Casa editrice: Mondadori

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Copertine di Il capostazione di Casalino di Piero Chiara

Quarta di copertina / Trama

Sedici racconti che visti da vicino, rivelano una straordinaria varietà di temi, di ambienti, di figure, e visti da lontano danno una sensazione insolita di unità. Dal tema inesauribile dell’inganno a quello dell’amore tra persone divise dagli anni, è tutto un fiorire di situazioni comico-patetico-grottesche e di personaggi indimenticabili – Il capostazione, il suonatore di bombardino, il maturo pretore -, vere “maschere” del teatro del quotidiano. Giocando su diversi registri, la memoria storica e la nostalgia personale, l’aneddoto malizioso e piccante e lo scorcio di costume. Chiara ottiene una affabile continuità narrativa, grazie anche alla presenza di due “quinte” che sono una costante della sua produzione: il senso malinconico della labilità del tempo e la voce della Storia, alla quale nulla sfugge, neppure un piccolo lembo di provincia italiana.
(Ed. Mondadori; Oscar Narrativa n.2033)

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Il cappotto di Astrakan – Piero Chiara

Incipit Il cappotto di astrkan

Verso la fine d’aprile del millenovecentocinquanta, non avendo trovato dalle mie parti e non pensando di trovare neppure in altri luoghi vicini, o per dir meglio in Italia, il terreno favorevole alla nuova vita che durante la guerra mi ero proposta per il il caso che ne fossi scampato, pensa di portarmi a Parigi, senza programmi di alcun genere e solo per viverci qualche mese. Chissà, mi dicevo, che non abbia a cogliersi il bandolo di un avvio e magari a trovarvi la mia fortuna-

Incipit tratto da:
Titolo: Il cappotto di astrakan
Autore: Piero Chiara
Casa editrice: Mondadori

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Copertine di Il cappotto di astrakan di Piero Chiara

Quarta di copertina / Trama

In una Parigi e dintorni all’inizio degli anni Cinquanta, fra strade, piazze,boulevards, caffè, alberghetti e pensioni, il protagonista di questo nuovo romanzo di Chiara si muove con l’ingenuità e la goffaggine di provinciale alla ricerca di qualcosa che lo guidi nel futuro. E non si accorge, se non quando è tardi , di venire avvolto progressivamente in una tela di ragno che due donne, l’una all’insaputa dell’altra, stanno tessendo intorno a lui per irretirlo e farne il sostituto della persona amata che entrambe hanno perso, l’una il figlio, l’altra il fidanzato: due uomini che – complice il cappotto di astrakan – potrebbero, per sovrapposizione o per scissione, diventare uno solo. Uno strano, enigmatico, personaggio, in apparenza impiegato modello, in realtà rapinatore omicida, ma anche poeta, filosofo e investigatore, intorno al quale, il romanzo ruota in modo imprevedibile sino a costringere il protagonista a una fuga avventurosa che, attraverso una Svizzera riscoperta, lo riporterà in Italia sulle rive smemorate del lago nativo. Qui la sua esperienza parigina si colora, nel racconto agli amici del caffè, di tinte suggestive, così che l’arrivo improvviso di Valentine, la donna amata a Parigi, appare come l’intrusione della realtà nel mondo della favola. Il protagonista, ad una svolta della sua vita aspetterà, nel finale, nuovi segni che determinino il suo avvenire.
Insieme con lui anche Chiara, come narratore, lascia per qualche tempo l’amata provincia, per ritrovarla entro un’altra cornice, negli indimenticabili luoghi della banlieue parigina, nelle caratteristiche trattorie che si specchiano nelle acque della Senna accoglienti e pure sinistre, sotto l’occhio sornione e complice dei proprietari. Ma accanto ai temi felici e ricorrenti della sua fantasia che anche qui alterna, con magistrale misura, gli indugi idilliaci ai colpi di scena, le pungenti riflessioni morali alle sorprese della trama, questo romanzo ci mostra un Chiara sorprendentemente nuovo e ispirato che esplora e approfondisce altri motivi: la solitudine nella folla della metropoli, il senso precario e aleatorio degli incontri, gli interrogativi inquietanti sull’esistenza. Il cappotto di astrakan – simbolo allusivo e concreto – rappresenta oggi, per la ricchezza e la profondità della tematica e per la qualità della scrittura, la meta più alta raggiunta dell’autore nella sua piena e feconda maturità.
(Ed. Mondadori; Scrittori Italiani e Stranieri)

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Da questo romanzo il film Il cappotto di Astrakan per la regia di Marco Vicario (1980)