Trudy – Massimo Carlotto

Incipit Trudy- Massimo Carlotto

Incipit Trudy

Duccio Baldi sbuffò contrariato quando parcheggiò di fronte a Mancini. Il locale era un’autentica istituzione nella zona industriale. Bar, tabaccheria, self-service con cucina casalinga, aperto per dodici ore dalle sei del mattino, sempre colmo di gente con il bicchiere in mano e la bocca piena. Il colore predominante era il blu delle tute, e il chiasso delle voci era costante. Baldi era a disagio. Come titolare della Tosco Security, che si occupava della guardiania di diverse aziende della zona, era abituato a prendersi a cornate con gli operai quando erano in agitazione e si permettevano certe libertà, e non a bere un bicchiere nello stesso posto. Insomma, per nessun motivo al mondo avrebbe messo piede li dentro, ma doveva parlare di una faccenda delicata con Alex Semeraro, un suo dipendente, che da qualche mese era di casa da Mancini. Si era quasi fidanzato con Lorella, la figlia del titolare, che serviva al banco. Il «quasi» era riferito alla cautela dei genitori di lei nell’accettare la coppia, dato che avrebbero preferito ben altri pretendenti. Per il locale passavano tanti giovanotti, ma Lorella si era invaghita proprio di Alex. Il primo problema era l’età: trentott’anni lui, ventisei la figliola. La madre, che amava la schiettezza, l’aveva avvertita: «Guarda che un domani finiresti per fargli da badante».

Incipit tratto da:
Titolo: Trudy
Autore: Massimo Carlotto
Casa editrice: Einaudi
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Trudy - Massimo Carlotto

Quarta di copertina / Trama

Ludovica Baroni era una commessa. Poi un matrimonio che sembra quello giusto e la sua vita cambia. Quanto e come non l’avrebbe mai immaginato. Da un giorno all’altro l’uomo che ha sposato, uno dei piú importanti commercialisti di Lecco, sparisce. Né la polizia né lei stessa – che fra lo sconcerto generale se ne va in vacanza sulla riviera romagnola – paiono molto interessati a cercarlo. Strano, perché invece c’è chi è disposto a pagare un sacco di soldi pur di sapere che fine ha fatto, a ingaggiare una società che si occupa di sicurezza e a richiedere l’attenzione speciale di Gianantonio Farina, che nella ditta i soci chiamano il Grigio e i dipendenti il Dottore. Lui è il responsabile delle «indagini non autorizzate». Tipo questa, cosí riservata che in pochissimi ne conoscono la ragione. Farina fa spiare Ludovica, la fa pedinare, intercettare. Le assegna anche un nome in codice: Trudy. Tutto è sotto controllo. O forse no.
(Einaudi)

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I giorni di Vetro – Nicoletta Verna

Incipit I giorni di vetro – Nicoletta Verna

Incipit I giorni di Vetro

Era molto meglio prima, quando io non c’ero e non c’era nessuno dei miei fratelli, né i vivi né i morti. C’era solo mia madre che si rivoltava sul materasso del camerino e urlava:
– Ammazzatemi, osta dla Madona, – e la Fafina rispondeva: – Sta’ zèta, ché chiami il diavolo, – e andò avanti cosí per tre giorni e tre notti, finché mia madre lanciò un grido feroce e venne fuori Goffredo, il primo dei miei fratelli morti. Quando gli diedero lo schiaffo per farlo piangere lui non pianse, allora la Fafina scossò la testa e disse: – È segno che a Dio Cristo lassú gli bisognava un angiolino.
Ne vedeva tanti, di bambini nati morti, e quello era uguale a tutti gli altri, anche se era suo nipote.
Mia madre lo guardò avvilita. – Perché? – chiese.
– Perché hai mangiato troppo cocomero. Il cocomero fa acqua nello stomaco e il bambino s’è annegato, il purino.

Incipit tratto da:
Titolo: I giorni di Vetro
Autrice: Nicoletta Verna
Casa editrice: Einaudi
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I giorni di Vetro - Nicoletta Verna

Quarta di copertina / Trama

Redenta è nata a Castrocaro il giorno del delitto Matteotti. In paese si mormora che abbia la scarogna e che non arriverà nemmeno alla festa di San Rocco. Invece per la festa lei è ancora viva, mentre Matteotti viene ritrovato morto. È cosí che comincia davvero il fascismo, e anche la vicenda di Redenta, della sua famiglia, della sua gente. Un mondo di radicale violenza – il Ventennio, la guerra, la prevaricazione maschile – eppure di inesauribile fiducia nell’umano. Sebbene Bruno, l’adorato amico d’infanzia che le aveva promesso di sposarla, incurante della sua «gamba matta» dovuta alla polio, scompaia senza motivo, lei non smette di aspettarlo. E quando il gerarca Vetro la sceglie come sposa, il sadismo che le infligge non riesce a spegnere in lei l’istinto di salvezza: degli altri, prima che di sé. La vita di Redenta incrocia quella di Iris, partigiana nella banda del leggendario comandante Diaz. Quale segreto nasconde Iris?
(Einaudi)

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Il sentiero selvatico – Matteo Righetto

Incipit Il sentiero selvatico - Matteo Righetto

Incipit Il sentiero selvatico

Nessuno a Larcionèi serbava memoria di tanta pioggia negli ultimi cento anni, men che meno Tina, che di anni ne aveva soltanto dieci.
I più vecchi del paese tacevano, si limitavano a scrutare il cielo di soppiatto e a farsi il segno della croce. Le poche volte in cui aprivano bocca era solo per dire che in vita loro non avevano mai visto cadere tutta quell’acqua.
Qualcuno mormorava mezze frasi sulla fine del mondo, qualcun altro si limitava ad affermare che il maltempo fosse annuncio di disgrazie imminenti, c’era poi chi si diceva convinto che fosse in ogni caso una punizione divina. Tutti però erano d’accordo su un fatto, e cioè che quel bür temp avesse avuto inizio subito dopo l’apparizione del Lum de le Auróne.
Era accaduto alla fine di settembre, quando per tre notti consecutive alcuni paesani avevano visto una luce bluastra comparire in cielo e muoversi sopra le Aurone, tra il monte Migogn e il Padón, dall’altra parte della vallata. Anche Tina l’aveva vista, e ne era rimasta incantata, come se fosse l’aurora boreale di cui tempo prima aveva parlato in classe la maestra Ulrike.

Incipit tratto da:
Titolo: Il sentiero selvatico
Autore: Matteo Righetto
Casa editrice: Feltrinelli
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Il sentiero selvatico - Matteo Righetto

Quarta di copertina / Trama

Piove da più di un mese a Larcionèi. Nel paesino ai piedi delle Dolomiti gli anziani giurano di non aver mai visto cadere dal cielo tanta acqua. E sotto l’acqua gli abitanti del villaggio si riuniscono il 2 novembre del 1913 per la messa del Giorno dei Morti. Ci sono tutte le famiglie della zona, anche i Thaler, con la loro unica figlia di dieci anni, Katharina. Nel mezzo della liturgia, la bimba sparisce nel nulla: il paese intero la cerca tra i boschi per tutta la notte, invano.
La piccola Tina riappare da sola il giorno dopo, proprio quando finalmente cessa la pioggia. Sta bene, ma non ricorda nulla di quel che le è accaduto, e tra i paesani cominciano a correre strane e malevole voci. Presto per tutti Tina diventa la strìa, la strega che è stata rapita dai morti, che ha conosciuto il diavolo. Per lei l’unico rifugio, il luogo dove trova pace e sicurezza, è il monte Pore con i suoi boschi, i torrenti e gli animali selvatici.
La sua è una vita di misteri e scelte coraggiose, che la porteranno – da adulta – a diventare una leggenda, la guardiana della natura dolomitica, uno spirito antico che, proprio come gli animali selvatici, si lascia vedere solo se è lei a deciderlo. L’ultima lupa delle Dolomiti.
Torna il personaggio più amato de La stanza delle mele, Tina Thaler. Matteo Righetto, con il suo stile poetico, ci porta a Larcionèi, in quel drammatico momento in cui le foreste venivano drasticamente abbattute, la Grande guerra falcidiava i soldati e l’identità ladina veniva lacerata. In un intreccio di magia e arcaiche tradizioni locali, Il sentiero selvatico celebra la potente connessione tra piante, animali, donne e uomini.
(Feltrinelli)

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