La nuova stagione – Silvia Ballestra

L’estate che le mie cugine vendettero la terra fu un’estate di particolare siccità.

Incipit La nuova stagione

L’estate che le mie cugine vendettero la terra fu un’estate di particolare siccità. L’anno con meno pioggia degli ultimi due secoli.
In compenso a luglio c’era stata una grandinata spaventosa sulla costa. Su un paio di paesi del sud delle Marche si era abbattuta una sassaiola di ghiaccio dalle zocche grosse come limoni. La spiaggia, dopo quella furiosa passata, era imbiancata manco fosse Natale. Tutte le tapparelle delle finestre verso nord apparivano bucherellate come per effetto di mitragliate. Facciate di case da rifare, tettucci e cofani delle macchine bugnati da piccoli crateri, foglie segate longitudinalmente, tendoni squarciati come da pugnalate, vetri delle finestre in frantumi. Era durato poco ma era stato stupefacente e, dopo, abitanti e turisti si aggiravano per le vie come se fossero stati flagellati, presi a schiaffi dal cielo.
Mesi prima, altri eventi eccezionali avevano ferito quei posti. Terremoti di forte intensità avevano colpito l’entroterra causando centinaia di vittime e danni terribili a decine di paesi. Era successo in agosto, poi di nuovo a ottobre, poi a gennaio.

Incipit tratto da:
Titolo: La nuova stagione
Autrice: Silvia Ballestra
Illustrazione di copertina: Valentina Marchionni (Flaccidia).
Progetto grafico di copertina: Francesca Zucchi
Casa editrice: Bompiani

Libri di Silvia Ballestra

Copertine di La nuova stagione di Silvia Ballestra

Quarta di copertina / Trama

Si narra che la Sibilla, adirata contro le fate che si attardavano a ballare il salterello con i pastori, avrebbe scagliato loro le pietre che divennero poi il paese di Arquata del Tronto: pietre destinate a rotolare di nuovo, drammaticamente, durante il terremoto. Le sorelle Nadia e Olga si sentono a casa proprio qui, in questa terra che si muove, e che scendendo dai monti Sibillini verso il mare si fa campagna. Il loro papà ha trascorso la vita coltivando i campi, perciò ancora oggi la famiglia viene trattata con rispetto. Ma adesso tutto è cambiato. L’amore e il lavoro hanno portato Olga e Nadia lontano, i figli sono cittadini del mondo. La gente vuole fragole e susine anche a gennaio. È una nuova stagione. Ed è tempo di separarsi dalla terra.
Inizia per le sorelle un viaggio a ritroso, nella memoria, e uno reale, attraverso gli incredibili colloqui con i possibili acquirenti del terreno, ex mezzadri arricchiti o emissari di multinazionali della frutta; tutti maschi, tutti ambigui, tutti apparentemente incapaci di capire quanto male facciano le radici quando bisogna tagliarle. È davvero tutto immutabile nell’avvicendarsi delle generazioni, dei raccolti? Possiamo ancora sperare di lasciare questo pianeta un po’ migliore di come lo abbiamo ricevuto?
Silvia Ballestra scrive un romanzo attualissimo e antico, come i luoghi dove è nata, cui dedica pagine di graffiante umorismo ma al tempo stesso piene della nostalgia e dello stupore di chi sente iniziare una nuova stagione.
(Ed. Bompiani; Narratori Italiani)

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Vicini alla terra – Silvia Ballestra

Incipit Vicini alla terra

L’ultima volta che siamo stati a Castelluccio era luglio, con la fioritura della piana al suo massimo splendore. Un incidente sulla Salaria poco dopo Acquasanta ci aveva costretto a fare marcia indietro e salire da Montegallo invece che da Arquata come al solito. Salire da Arquata era (è?, sarà?, sarà di nuovo?, non so più che tempo usare, nessuno sa quali saranno i tempi) più veloce: un tunnel e una strada relativamente nuova – la strada delle Tre Valli che dalla nostra parte mette in comunicazione la valle del Tronto con la Valnerina – e praticamente, dopo aver svoltato accanto all’albergo Regina Giovanna e aver attraversato la graziosa frazione di Pretare, sei già in quota.
Salire a Castelluccio è uno spettacolo scenografico di pascoli, panorami, montagne – catena del Gran Sasso e della Laga, borghi, boschi, il Vettore che si scopre superato qualche lieve tornante – ma quello che ti aspetta una volta varcata Forca di Presta vince su tutto.

Incipit tratto da:
Titolo: Vicini alla terra. Storie di animali e di uomini che non li dimenticano quando tutto trema
Autrice: Silvia Ballestra
Casa editrice: Giunti

Libri di Silvia Ballestra

Copertine di Vicini alla terra di Silvia Ballestra

Quarta di copertina / Trama

In queste pagine Silvia Ballestra compie un’impresa forte come l’urgenza con cui è nata, nei giorni in cui la terra ha cominciato a tremare: racconta un territorio ferito a partire dalle storie di salvataggio degli ultimi. I cani e gatti domestici recuperati nelle case distrutte, quelli selvatici, e tutti gli animali che contribuiscono con la loro mite presenza a tenere in vita le nostre campagne, l’Appennino: mucche, cavalli, pecore, galline che non possono essere abbandonati mentre, attorno, tutto viene giù. Dal terremoto di agosto alle scosse di ottobre, l’Ente nazionale protezione animali è stato sul campo accanto alle forze dell’ordine, con discrezione e dedizione. Veterinari e volontari sono arrivati in paesi crollati, dove non era rimasto nessuno se non creature vaganti o intrappolate. Animali smarriti, bisognosi di cure, sentinelle tristi di una terra sconvolta. Le loro storie semplici ma importanti si compongono in queste pagine come un reportage singolare, pieno di tristezza ma anche di stupore. Ci restituiscono l’immagine autentica di una terra che sembra quella cantata da San Francesco nel Cantico, battuta da “frate vento” e solcata da “sor’acqua”, coltivata “cum grande humilitate” e abitata da famiglie, anziani, allevatori che vivono in un rapporto silenzioso di cura e spesso di affetto con le creature animali. Una terra che va salvata e ricostruita senza dimenticarsi di nessuno dei suoi abitanti fieri e sfortunati. Quando lo sconforto sale e l’angoscia si stringe intorno al futuro, lo sguardo buono di un animale capace di affidarsi completamente ci ricorda che solo rimanendo uniti possiamo rialzarci, solo ripartendo dai più vicini alla terra riporteremo alla vita ciò che è stato distrutto.
(Ed. Giunti;

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Amiche mie – Silvia Ballestra

Incipit Amiche mie

In quelle sorde settimane di autunno inoltrato, a tenerci unite c’era stato il caso delle lasagne pelose. Ci aveva tenute unite e ci aveva svelato legami inaspettati, lì fuori dal caffè Golden Palomino. Non che mi piacesse fermarmi fra il dehors smobilitato per l’inverno e l’ingresso dai vetri appannati di quel bar da aperitivi che al mattino ingoiava genitori a decine, ma eravamo nel pieno di una lotta che prometteva bene.
Intanto, c’era un titolo forte: Le lasagne pelose.
Abbastanza repellente, abbastanza intrigante. Buono a far insorgere ben benino i bambini e pure coloro i quali, genitori e commentatori vari, avrebbero gridato come al solito alla strumentalizzazione dei suddetti bambini (uh, ok, voialtri noiosi, fatevi sotto: già visti, già sistemati più volte, voi e le vostre invettive senza capo né coda).
Io, dunque, ero sul piede di guerra.
Guerra: l’unica cosa che, in quelle sorde settimane di autunno inoltrato, poteva procurare un’interruzione alla noia della pioggia che smangiucchiava le ore di luce ogni giorno di più.

Incipit tratto da:
Titolo: Amiche mie
Autrice: Silvia Ballestra
Casa editrice: Mondadori

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Copertine di Amiche mie di Silvia Ballestra

Quarta di copertina / Trama

Sofia, Carla, Norma e Vera: donne in prima linea sulla frontiera della vita che corre veloce. I figli frequentano le stesse scuole milanesi, così la mattina prima del lavoro le quattro amiche condividono un caffè al bar Golden Palomino – una vera istituzione –, parlano di sé, di quello che succede intorno.
Sofia è un po’ fissata con il cibo, con i pasti che ogni giorno diventano il campo su cui misurare la propria ansia di perfezione e le proprie nevrosi; Carla è angosciata dalla precarietà di un lavoro che non si è mai concretizzato, dal rapporto difficile con il marito (la cui carriera va a gonfie vele) e dal fatto di ritrovarsi intrappolata negli spazi e nei riti domestici; Norma, invece, è reduce da una separazione dolorosa, e si trova a fronteggiare i molti paradossi dell’essere di nuovo single a quarant’anni e con i figli al seguito; infine Vera, una donna che porta il mondo sulle spalle e non si ferma mai, la breadwinner di una famiglia in cui il marito ha perso il lavoro: sarà proprio lui, rovinato dalle slot, a sparigliare le carte in modo drammatico e inaspettato.
Questo momento di crisi unisce le amiche e le costringe a confrontarsi. Ciascuna di loro darà del dramma di Vera la sua interpretazione, in quel coro femminile di riflessioni autonome e concentriche che, piano piano, conferisce senso alla realtà, anche quella più dura, rendendola pensabile e visibile, come in un caleidoscopio.
Con una lingua vivace eppure sorvegliatissima, con una voce ironica e appassionata, Silvia Ballestra costruisce un’indagine serrata intorno ai grandi temi della vita contemporanea: la famiglia con le sue complesse dinamiche relazionali, il cibo, il lavoro – che per le donne è una sfida quando c’è e quando, troppe volte, manca –, il lutto, la politica, i figli da crescere, le battaglie, i tradimenti, l’amore che nonostante tutto a volte resiste come i funghi nell’aiuola di Marcovaldo. Ne esce un affresco intenso e lontano da stereotipi e ideologie, al tempo stesso caustico e struggente: Sofia, Carla, Norma e Vera dissezionano spietatamente le nostre ipocrisie ma soprattutto ci restituiscono il calore di tutte coloro che non smettono di voler capire, nutrire, camminare.
(Ed.Mondadori)

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