Tutto è possibile – Elizabeth Strout

Incipit Tutto è possibile – Elizabeth Strout

Incipit Tutto è possibile

Tommy Guptill era stato un tempo proprietario di un caseificio ereditato dal padre e situato a un paio di miglia dal centro di Amgash, Illinois. Tutto ciò risaliva ormai a parecchi anni prima, ma a Tommy capitava ancora di svegliarsi con lo stesso terrore che aveva provato la notte in cui un incendio aveva raso al suolo il caseificio. Anche la casa era completamente bruciata; il vento aveva portato le scintille dentro l’abitazione che si trovava poco lontana dalle stalle. Colpa sua – aveva sempre pensato che fosse stata sua la colpa – per non avere controllato, quella sera, che le macchine mungitrici fossero ben spente, ed era proprio lí che era scoppiato l’incendio. Una volta partito, si era propagato rapido e furioso dappertutto. Persero ogni cosa, se si esclude la cornice in ottone della specchiera del soggiorno che ritrovò l’indomani fra le macerie e che lasciò dov’era. Si organizzò una colletta: per alcune settimane i suoi figli andarono a scuola coi vestiti dei compagni, finché Tommy non riuscì a rimettersi in piedi con i pochi soldi che aveva: vendette la terra al coltivatore del terreno accanto ma l’affare non gli fruttò molto. Dopodiché, lui e sua moglie, una graziosa donnina di nome Shirley, comprarono dei vestiti, e lui anche una casa, e va detto che Shirley si mantenne di ammirevole buonumore mentre succedeva tutto questo. Avevano dovuto trasferirsi ad Amgash, un paese malridotto dove i bambini furono iscritti a scuola, costretti a lasciare quella di Carlisle che avevano potuto frequentare prima, visto che il caseificio si trovava giusto a metà fra i due centri abitati. Tommy fu assunto come bidello nel comprensorio scolastico di Amgash; la regolarità dell’impiego gli si confaceva, senza contare che non avrebbe mai potuto lavorare nella fattoria di qualcun altro. Gli mancava la grinta per farlo. Aveva trentacinque anni allora.

Incipit tratto da:
Titolo: Tutto è possibile
Autrice: Elizabeth Strout
Traduzione: Susanna Basso
Titolo originale: Anything Is Possible
Casa editrice: Einaudi
Illustrazione copertina: Giordano Poloni

Libri di Elizabeth Strout

Tutto è possibile - Elizabeth Strout

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Incipit Anything Is Possible

Tommy Guptill had once owned a dairy farm, which he’d inherited from his father, and which was about two miles from the town of Amgash, Illinois. This was many years ago now, but at night Tommy still sometimes woke with the fear he had felt the night his dairy farm burned to the ground. The house had burned to the ground as well; the wind had sent sparks onto the house, which was not far from the barns. It had been his fault — he always thought it was his fault — because he had not checked that night on the milking machines to make sure they had been turned off properly, and this is where the fire started. Once it started, it ripped with a fury over the whole place. They lost everything, except for the brass frame to the living room mirror, which he came upon in the rubble the next day, and he left it where it was. A collection was taken up: For a number of weeks his kids went to school in the clothes of their classmates, until he could gather himself and the little money he had; he sold the land to the neighboring farmer, but it did not bring much money in. Then he and his wife, a short pretty woman named Shirley, bought new clothes, and he bought a house as well, Shirley keeping her spirits up admirably as all this was going on. They’d had to buy a house in Amgash, which was a run-down town, and his kids went to school there instead of in Carlisle, where they had been able to go to school before, his farm being just on the line dividing the two towns. Tommy took a job as the janitor in the Amgash school system; the steadiness of the job appealed to him, and he could never go to work on someone else’s farm, he did not have the stomach for that. He was thirty-five years old at the time.

Incipit tratto da:
Title: Anything Is Possible
Author: Elizabeth Strout
Language: English

Quarta di copertina / Trama

La vita può lasciare senza fiato. Tutta quanta la vita, non solo quella di chi se n’è andato, come Lucy Barton, lasciandosi ogni cosa alle spalle. Anche la vita di chi è rimasto, la vita piccola e ordinaria della provincia americana, pur brulicante di emozioni impetuose sotto la cappa dell’immobilità.
La vita di Pete Barton, ad esempio, un bambino di mezza età, eterno custode e prigioniero nella casa di famiglia. O le vite deragliate delle «Principessine Nicely», nomignolo ormai grottesco per promesse giovanili non mantenute.
Riprendere quelle vite dopo molto tempo, conoscerle e riconoscerle, dà la stessa lancinante felicità di ogni ritorno a casa.
Ad Amgash, Illinois, le vetrine dell’unica libreria ospitano l’ultima fatica di una concittadina, Lucy Barton, partita molti anni prima alla volta della sfavillante New York e mai piú ritornata. E non vi è abitante del paese che non voglia accaparrarsene una copia. Perché quel libro, un memoir a quanto pare, racconta senza reticenze la storia di miseria e riscatto di una di loro, e insieme racconta la storia di tutti loro, quelli che sono rimasti fra le distese di mais e di soia del minuscolo centro del Midwest, con il suo carico di vergogna e desiderio, di gentilezza e rancore. A Patty Nicely la lettura di quelle memorie regala una dolcezza segreta, come avesse «un pezzo di caramella gialla appiccicata in fondo alla bocca». Patty, da bambina tanto graziosa da meritare, insieme alle sorelle, l’appellativo di «Principessina Nicely», è oggi una vecchia e grassa vedova, ancora tormentata dalla vergogna di un antico scandalo familiare e zimbello dei ragazzini della zona. Eppure lei, dal libro di Lucy Barton, si sente finalmente capita.
Livida e aggressiva appare invece la reazione di Vicky, sorella maggiore di Lucy, quando, con il fratello Pete, invecchiato in solitudine senza mai davvero crescere, i tre si ritrovano nella casa di famiglia per la prima volta dopo diciassette anni. Vicky, rimasta al palo delle occasioni mancate, non perdona alla sorella scrittrice di aver tagliato i ponti con un passato insopportabile, di avercela fatta, e le parole che i tre fratelli si scambiano sono coltelli che affondano nella carne viva dei loro ricordi di bambini. Eppure Vicky si è presentata all’incontro con un commovente velo di rossetto sulle labbra, e Pete, nel disperato tentativo di rendere la casa casa, ha comprato un tappeto nuovo.
Certo, le cicatrici sono quasi piú della carne, per i personaggi di questi racconti, queste storie-capitolo di un’unica biografia collettiva, in dialogo serrato fra loro e con il romanzo che li ha preceduti, Mi chiamo Lucy Barton; certo, «siamo tutti quanti un casino, e anche se ce la mettiamo tutta, amiamo in modo imperfetto». Ma se ci si può rinnamorare ben oltre i settant’anni su un lungomare italiano, come capita a Mississippi Mary; se si può trovare sollievo dal dolore indicibile dell’esistenza in un momento di assoluta condivisione nella stanza anonima di un bed and breakfast, come capita a Charlie Macauley; se si può scovare un amico, un amico vero, nel retro di un teatrino amatoriale, proprio alla fine di ogni cosa, come capita a Abel Blaine, allora tutto, ma proprio tutto, è possibile.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)