Incipit I figli sono finiti
Qui è possibile leggere le prime pagine di I figli sono finiti«Anche fino a trenta ma non ci arriverà, scommettiamo.» Queste le ultime parole che Augusto ha inteso, insieme al sorriso incoraggiante dell’anestesista. Non ci è arrivato, in effetti, e nemmeno fino a quindici. Quel che importa è tremare. “Contate fino a dieci, poi dite se siete felici.” Ho pianto prima del sei, ma piangere è da gay. L’attacco di Pearl Harbour e la risposta americana, “non smetteremo finché la lingua giapponese non sarà parlata solamente all’inferno”. Pentagono, esagono, eptagono. Nella vita nuova, un cuore di cerbiatto viene offerto alla regina malvagia al posto di quello di Biancaneve. Augusto si inoltra in un pozzo che si restringe sempre di più, anche se la profondità rimane la stessa: grandi e piccole labbra. Un cucciolo viene avvelenato con l’acqua da bere, e con un brivido Augusto si accorge all’ultimo istante che il cane è Enzino. “I bufali non bevono sakè, lo gestisco io questo evento.” La Sinistra Infradito lo invita per una visita alla torre di Palazzo Vecchio, il sindaco Nardella loda i restauri; Augusto sale sbuffando e trascinando per le scale una bicicletta, ma la abbandona prima della rampa a chiocciola e spera che non gliela fottano – la piegatura temporale gli si conficca nella carne accusandolo di tutto. La catastrofe procede per gradi, non per gradini. Arrivato sulla piattaforma in cima, è troppo in alto per ammirare la città: si vedono solo le colline infiammate dall’autunno e, di fronte, Fiesole. Dio osserva da uno spioncino tra le nuvole.
Incipit tratto da:
Titolo: I figli sono finiti
Autore: Walter Siti
Casa editrice: Rizzoli
Quarta di copertina / Trama
Per un gioco del caso, due esseri umani molto diversi si trovano a essere dirimpettai in una palazzina milanese. Augusto è un settantenne trapiantato di cuore, vedovo da poco, che interpreta la sofferenza come un lasciapassare per il cinismo; Astòre è un ventenne deluso dalla propria stessa precocità, che si considera un eremita digitale. Raccontando la loro reciproca diffidenza mentre lentamente si trasforma in bizzarra amicizia, Siti ci parla delle mutazioni in corso nella nostra società, dove lo sviluppo tecnologico è così rapido che nessuna certezza riesce a stargli dietro; dove tutti si amano male, dove il miraggio del post-umano rischia di trasformarsi in una liquidazione dell’umanità, dove l’intelligenza artificiale incoraggia il rifiuto dei sentimenti e il Bene è un esito della paura.
Augusto e Astòre sono due risposte sbagliate a una identica domanda sul senso e la direzione del progresso; ma sono anche due creature sotto il cielo trafitte dai propri traumi, che incrociandosi fanno i conti con la morte. Con la tenerezza rabbiosa e la leggerezza consentite ai vecchi, Siti rivisita i suoi temi ossessivi e chiude il cerchio; confermandoci che la curiosità non può morire, anche se è troppo tardi per guardare indietro e troppo presto per sperare.
(Rizzoli)
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