Lettera di dimissioni – Valeria Parrella

Incipit Lettera di dimissioni – Valeria Parrella

Incipit Lettera di dimissioni

In fondo per quello che ne sapevo io la nonna Franca era arrivata in città solo nel 1914, mediana di svariati figli. Lei si chiamava Čechov di cognome, e tutti i segni ne portava in quel viso da vecchia che io ricordo bene, talvolta nei miei sogni, con un naso come una pallina e le sopracciglia folte, gli occhi piccoli a proteggersi dalla tormenta delle notti russe. Raccontava solo due cose della sua infanzia: ricordava suo padre che andava al fronte della grande guerra. Ma che tornasse non lo ricordava: piuttosto raccontava della partenza straziante, e di un mantello nero che si allontanava, con qualche figlio veloce che poteva ancora correre per acchiapparne un lembo, e di una madre terrorizzata che la teneva in braccio. E come un sipario di morte calava nero su di loro quel mantello lasciando me, che ascoltavo, e lei, occhi sgranati di vecchia sul ricordo, in una polvere fumosa e un’immagine grigia. L’immagine, l’unica che lei possedeva e io avevo scandagliato nel fondo alla ricerca della mia origine, era una fotografia piccola come una figurina, su una carta ingiallita, e resa ancora piú incerta da una lampadina tremolante, in foggia di fiamma, che le faceva luce e buio assieme dal comò di questa mia casa pristina.

Incipit tratto da:
Titolo: Lettera di dimissioni
Autrice: Valeria Parrella
In copertina: Man Ray, Senza titolo (Mano) Foto MoMA, New York / Scala, Firenze
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Lettera di dimissioni

Lettera di dimissioni - Valeria Parrella

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Quarta di copertina / Trama

La storia di una donna assuefatta al compromesso che diventa il ritratto di una generazione e di un Paese, incapaci di riscattarsi.
Da dove si comincia a raccontare la propria storia? Un inizio Clelia lo ha trovato lontanissimo nel tempo, è il 1914 e la nonna Franca arriva a Napoli dalla Russia, e lí resta. Da quel punto sull’asse del tempo Clelia dispiega una dopo l’altra le fortune e le sfortune della famiglia che conosce e di quella che non c’è piú, cercando nelle foto e nei racconti tramandati una verità da far combaciare alla vita di oggi. Oggi, Clelia è una donna che si nutre del successo e della stima di chi, fino a qualche tempo fa, lei stessa disprezzava, e che pare essersi assuefatta «al male minore». Se ne accorge all’improvviso, e quasi non ci crede. Dov’è finita la passione che la faceva innamorare di tutto, dov’è finito l’amore per Gianni?
È solo raccontando – a se stessa, prima di tutto – il proprio passato, che Clelia potrà trovare il punto in cui qualcosa si è rotto, comprendere che «le cose non si compiono all’improvviso, ma all’improvviso le vedi nel loro intero».
«Con quella lingua che sa di mare e di Napoli e di Ortese, che punge come una medusa, taglia come l’eco di un’invettiva di Pasolini e poi torna morbida di parole domestiche, di madre e di cucina, Parrella racconta la storia di Clelia: che è la sua e quella di tutti, è la storia dell’Italia com’è diventata, è il ritratto politico e morale di un Paese che non si può smettere di amare ma dal quale ci si deve difendere. È il romanzo del tempo di mezzo, questo. Il libro che racconta dove non potevamo piú stare quando non sapevamo ancora dove andare».
Concita De Gregorio, «la Repubblica»
(Ed. Einaudi)