Dolce per sé – Dacia Maraini

Incipit Dolce per sé

Cara Flavia,
sono passati sei mesi dall’ultima volta che ci siamo viste. Da quando sei entrata, come un angelo infuriato, nella sala d’ingresso dell’Hôtel Bellevue, il cappellino rosso ciliegia in testa, la gonna scozzese che ti saltellava sulle ginocchia, le scarpe rosso pomodoro col fiocchetto da ballerina. Vedendomi, hai gettato a terra i giornali di tuo padre per correre ad abbracciarmi.
Non sapevo che ci saremmo separate per tanto tempo, non sapevo che ne avrei sofferto, non sapevo che saresti entrata nelle mie peregrinazioni mentali come la “bambina delle feste”. Ma dove sono ormai quelle feste? Voltandomi indietro ho paura di fare la fine della moglie di Lot. Eppure “non è cosa / ch’io vegga o senta, onde un’immagin dentro / non torni, e un dolce rimembrar non sorga”. La mia testa continua a girarsi con un movimento timido e impacciato, fra il timore e la curiosità. “Dolce per sé; ma con dolor sottentra / il pensier del presente, un van desio / del passato…”

Incipit tratto da:
Titolo: Dolce per sé
Autrice: Dacia Maraini
Casa editrice: Rizzoli

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Copertine di Dolce per sé di Dacia Maraini

Quarta di copertina / Trama

1988-1995 : sono sette gli anni scanditi dalle lettere che la narratrice, Vera, spedisce alla, giovanissima amica Flavia.
All’esordio del romanzo Flavia, la ‘bambina delle feste”, ha sei anni, mentre Vera, ” drammaturga giramondo”, è una donna di cinquant’anni che, con quelle lettere, prova a ritessere nei fili della memoria la storia del suo amore con un giovane uomo : Edoardo, lo zio violinista di Flavia. La vicenda sentimentale di Vera e Edoardo è pero solo una tra le varie storie che si intrecciano nel lungo racconto epistolare.
Ai ricordi amorosi si sovrappongono le evocazioni musicali e agli appuntamenti concertistici si affiancano viaggi professionali come quello in Brasile, le fragili o rigide ” mitologie familiari ” si alternano ai divertiti giochi gergali degli innamoratati e il graduale passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Flavia può cedere il passo anche a sconvolgenti tragedie come la perdita dell’amata sorella di Vera.
I gesti d’amore o di tenerezza, le parabole sempre irripetibili delle esperienze e delle passioni, anche la stanchezza di vivere che infine può ghermire le persone : sono i molti tasti toccati in questo romanzo, musicale non solo nei temi ma ancor più nell’estensione armonica della memoria. Cosi il titolo, tratto dalle Ricordanze di Leopardi, bene sintetizza l’atmosfera del libro, sospesa tra ” pensiero del presente e desio del passato”.
E proprio su tale sospensione aleggiano, delicate e volitive, le lettere, poiché è ad esse che si affida il ricordo ma anche la possibilità di aprire la porta della comunicazione – come quando la piccola Flavia, per entrare nella camera dello zio in albergo, gli annuncia che c’è una lettera per lui, poi aggiungendo a porta aperta : “Sono io la lettera”.
(Ed. Rizzoli; La Scala)

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