Nel tempo di mezzo – Marcello Fois

Non riuscì a pronunciare per intero il suo nome.

Incipit Nel tempo di mezzo

Non riuscì a pronunciare per intero il suo nome. All’impiegato che glielo chiedeva riuscì a dire solo: Vincenzo. L’altro sollevò la testa per guardarlo fisso, facendo un movimento improvviso che produsse un effluvio sulfureo. Vincenzo sostenne il suo sguardo: era quello di un uomo di età incerta, nella categoria di coloro che ce l’avevano fatta, chissà come, a scampare la chiamata alle armi e ora si trovava lì, all’Ufficio smistamento e controllo documenti della Capitaneria di porto.

Incipit tratto da:
Titolo: Nel tempo di mezzo
Autore: Marcello Fois
Casa editrice: Einaudi

Libri di Marcello Fois

Copertine di Nel tempo di mezzo di Marcello Fois

Quarta di copertina / Trama

Vincenzo Chironi mette piede per la prima volta sull’ Isola di Sardegna – «una zattera in mezzo al Mediterraneo» – nel 1943, l’anno della fame e della malaria. Con sé ha solo un vecchio documento che certifica la sua data di nascita e il suo nome, ma per scoprire chi è lui veramente dovrà intraprendere un viaggio ancora più faticoso di quello affrontato col piroscafo che l’ha condotto fin lì. A Nuoro trova ad attenderlo il nonno, Michele Angelo – maestro del ferro, che gli farà da padre e da complice in parti uguali -, e soprattutto sua zia Marianna, che vede nell’inaspettato arrivo del nipote l’opportunità per riscattare un’esistenza puntellata dalla malasorte.
Anni dopo, quando ormai a Nuoro la presenza di Vincenzo Chironi sembra scontata, naturale come il mare e le rocce, la forza del sangue torna a far sentire il suo richiamo. Perché quando Vincenzo conosce Cecilia, che ha «gli occhi di un colore che non si può spiegare», innamorarsi di lei gli sembra l’unica cosa possibile. Anche se è promessa sposa di Nicola, con cui lui è mezzo parente… Se è vero che «la disobbedienza chiama il castigo», forse è anche vero che quell’amore è l’ultimo anello di una catena destinata a non aver fine.
Dopo l’epopea di Stirpe, Marcello Fois – con una lingua capace di abbracciare l’alto e il basso, e di potenziare lo scorrere del tempo – dipinge un mondo in cui i paesaggi sono vivi come i personaggi che li abitano. Una Sardegna nitida e soprattutto mai oleografica. E lo stupore continuo della natura – che osserva impassibile gli amori degli uomini e le loro sconfitte, i dolori dietro ai quali si affannano così come le gioie fugaci – diventa lo sguardo che permette a quelle storie di appartenere a ciascuno di noi.
«Nemmeno quelli che sembrano cambiamenti improvvisi, improvvisi lo sono veramente. D’improvviso c’è solo il momento in cui ne prendiamo coscienza».
(Ed. Einaudi; SuperCoralli)

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