Il Pretore Di Cuvio – Piero Chiara

Incipit Il Pretore Di Cuvio

Il dottor Augusto Vanghetta, pretore in sottordine con quasi quindici anni di carriera alle spalle, arrivò a Cuvio, dov’era stato destinato in qualità di titolare, nel pomeriggio del 26 ottobre 1930.
Negli uffici della sua nuova sede, ricavati al piano nobile d’un palazzo secentesco, non trovò il predecessore, partito il giorno prima, ma soltanto un vecchio cancelliere, che dopo avergli fatto visitare la sala delle udienze,l’archivio, la stanza dei corpi di reato e i locali dell’ufficiale giudiziario, lo lasciò solo in un ampio salone sulla cui porta era fissata una targa di smalto con scritto: Gabinetto del Pretore.

Incipit tratto da:
Titolo: Il Pretore Di Cuvio
Autore: Piero Chiara
Casa editrice: Mondadori

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Copertine di Il pretore di Cuvio di Piero Chiara

Quarta di copertina / Trama

Un pretore cinquantenne non attraente, ma che attrae donne d’ogni condizione, in un paese della Valcuvia, con il prestigio delle sue funzioni e le inconsuete virtù di una virilità irresistibile; sua moglie minore di vent’anni, che sfiorisce in solitudine, finché il giovane di studio non le ridà insieme con un amore appassionato, la bellezza; il tramonto delle fortune del pretore, travolto da un giro di debiti e di avventure e oppresso dalla prova schiacciante del tradimento: la nascita di un figlio che non può essere suo e di cui indaga frenetico la paternità. Ecco protagonisti e momenti di una storia che, come tutte quelle di Chiara, prende il lettore con le sorprese dell’intreccio e lo incanta con la precisione dei dettagli e con le ghiottonerie di un mondo provinciale, che è piccolo soltanto in apparenza: in realtà l’autore vi racchiude, con semplice e magistrale riduzione di scala, un’area vasta e complessa di esperienza umana. Tuttavia la sua felicità di narrare, che si comunica subito al lettore e lo fa complice, appare qui venata di altre sfumature. Ambientata nei primi anni del fascismo, la vicenda del pretore di Cuvio lascia trasparire, accanto agli aspetti comici e gustosi (quelli infallibili dell’intrigo, della sorpresa e della beffa, nella linea maestra del racconto, da Boccaccio a Maupassant) come il presentimento di un precipitare, progressivo e inarrestabile, degli eventi: anche la felicità, breve, stupita e inattesa, dei due amanti è rievocata con accenti che, se muovono al sorriso, non riescono però a celare una nota malinconica. Una sorta di nascosta pietà sembra accompagnare, con intensità nuova in Chiara, questi esseri nella loro recita su un teatrino, che il passato ha ormai cancellato, ma che il tempo erige, ancora e sempre in ogni angolo della grande provincia del mondo.
(Ed. Mondadori; Gli Oscar n.683)

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