La battaglia navale – Marco Malvaldi

Incipit La battaglia navale - Marco Malvaldi

Incipit La battaglia navale

Senza dubbio, in questi due anni, il Bocacito è diventato il ristorante più elegante di Pineta. I tavoli sono rotondi, ampi e ben distanziati, con le tovaglie che cadono in impeccabili panneggi i quali mettono ancor più in risalto la perfetta stiratura; merito di Aldo, e della sua mania di passare il ferro da stiro direttamente sul tavolo. L’apparecchiatura è di gran pregio: bicchieri di cristallo al piombo, tulipani freschi al centro tavola e piatti di porcellana Wedgwood eleganti ed insieme capienti, perché quando il rappresentante ha proposto a Tavolone dei piatti da risotto con la conca grande quanto un uovo il cuoco gli ha risposto guardi che le terme son dall’altra parte del viale, questo è un ristorante.

Incipit tratto da:
Titolo: La battaglia navale
Autore: Marco Malvaldi
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di La battaglia navale

La battaglia navale – Marco Malvaldi

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«Un lavoro d’indagine vero, sul campo, è molto più simile alla battaglia navale. All’inizio spari alla cieca, e non cogli niente, ma è fondamentale che tu ti ricordi dove hai sparato, perché anche il fatto che lì tu non abbia trovato nulla è una informazione».
Non lontano dalla casa di Nonno Ampelio, uno dei quattro vecchietti investigatori del BarLume, ci sono i Sassi Amari, il litorale di Pineta. Abbandonato lì, viene trovato il cadavere di una bella ragazza con un particolare tatuaggio. Lei viene presto identificata, dal figlio dell’anziana presso cui lavorava, come la badante ucraina della madre. Le colleghe connazionali si affrettano ad accusare il marito della ragazza, un balordo che la tormentava. E il caso sembra avviato a una veloce conclusione. Tra i Vecchietti serpeggia la delusione. Visto anche che l’indagine è affidata a un altro commissariato, e non all’amica vicequestore, la fidanzata di Massimo il Barrista.
Ma è l’ostinazione senile che fornisce alla Squadra Investigativa del BarLume l’intuizione decisiva. E grazie anche all’intermediazione di un altro squinternato, il compagno Mastrapasqua che delle ucraine conosce usi e costumi, il vicequestore Alice Martelli può raddrizzare un’inchiesta cominciata con il piede sbagliato.
Marco Malvaldi ha rinnovato il giallo umoristico. L’invenzione delle sue storie, seguite da tanti lettori e diventate una serie televisiva, è di adagiare l’indagine cerebrale, tutta deduzione da indizi esistenziali e spesso psicologici, sullo sfondo tenero e comico di un gruppo di amici pensionati cresciuti in una provincia antica, che odora di civiltà comunale, dalla lingua tagliente, radicale e arguta, e dal vernacolo sboccato.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

Buchi nella sabbia – Marco Malvaldi

Incipit Buchi nella sabbia - Marco Malvaldi

Incipit Buchi nella sabbia

Nessuna situazione come l’opera è in grado di passare in un attimo dal commovente al ridicolo, se il destino ci si mette di mezzo.
Il fatto è che l’opera, già di per sé, è una situazione artificiosa, che si regge in piedi per miracolo, e che richiede a noi fanatici del bel canto una dose smisurata di capacità di astrazione. Non è facile commuoversi per un baritono che, una volta ricevuta una coltellata nel petto, intona una romanza a tutta gargana invece di stramazzare sul palco, come farebbe qualsiasi persona beneducata qualora venisse pugnalata nelle reni. E ci vuole una robusta dose di concentrazione sulla musica per non mettersi a ridere di fronte a un tenore settantenne che sta facendo il giovanottino innamorato, decantando la bellezza di un mezzosoprano largo quanto due contrabbassi.

Incipit tratto da:
Titolo: Buchi nella sabbia
Autore: Marco Malvaldi
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di Buchi nella sabbia

Buchi nella sabbia – Marco Malvaldi

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Ernesto Ragazzoni avrebbe voluto che sulla propria tomba fosse scritto: «D’essere stato vivo non gli importa». Poeta dei buchi nella sabbia e delle «pagine invisibilissime», dell’arte giullaresca realizzata nella vita fuori dal testo, è in un certo senso il testimone di questo «dramma giocoso in tre atti». Come grottesco contrappasso, accanto a lui, bohémien anarchicheggiante e antimilitarista, agirà come in duetto un rigido ufficiale dei regi carabinieri.
Siamo nel 1901, tempo di attentati (il re Umberto è stato appena ucciso), e a Pisa, terra di anarchia. Al Teatro Nuovo si aspetta il nuovo re, per una rappresentazione della Tosca di Giacomo Puccini. Le autorità sono in ansia: il tenore della compagnia «Arcadia Nomade», i cavatori di marmo carrarini convocati per alcuni lavori, gli stessi tecnici del teatro, sono tutti internazionalisti e quindi sospetti. E nell’ottusa paranoia dei tutori dell’ordine, perfino il compositore, il grande Puccini, è da temere tra i sovversivi. A scombinare ancor di più le carte è l’intervento di quello stravagante di Ragazzoni, redattore del giornale «La Stampa».
Fatalmente l’omicidio avviene, proprio sul palcoscenico al culmine del melodramma, e non resta che scoprire se sia un complotto reazionario o un atto dimostrativo di rivoluzionari. O un banale assassinio.
Pieno di movimento, divertito come un teatro da boulevard, ma dissacrante della stupidità autoritaria, omaggio a un grande poeta, e soprattutto all’opera lirica, questo romanzo dipinge, alla maniera di Marco Malvaldi, una trama criminale con i colori del comico, del malinconico, della satira impegnata, in una fedele ricostruzione d’ambiente.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

Le regole del gioco – Marco Malvaldi

Incipit Le regole del gioco – Marco Malvaldi

Incipit Le regole del gioco. Storie di sport e altre scienze inesatte

La scena che sto per descrivervi si ripete due volte l’anno. Perché, due volte l’anno, c’è il derby.
Torino-Juventus, come dice lo speaker, o Toro-Juve, come dice e pensa la gente normale. E, due volte l’anno, si ripete puntualmente la stessa scena. Ovvero, un Malvaldi che inizia a seguire la partita a tavola, assolutamente inconsapevole della natura di ciò che si infila in bocca, l’attenzione completamente focalizzata su un gruppo di ventidue tizi in pantaloncini corti che rincorrono un pallone su di un prato. Finito di nutrirsi (non di mangiare, di nutrirsi), il soggetto si sposterà sul divano, dal quale si muoverà solo nel corso dell’intervallo, per dare un rapido sollievo alla prostata.
Mentre succede tutto questo, Samantha interagisce con il soggetto soltanto con sporadiche domande. Alcune sono episodiche («Ma ti rendi conto che il bimbo poi le ridice?», a seguito di orrenda allocuzione blasfema del soggetto causata da espulsione di un giocatore della propria squadra, mentre il figlio Leonardo, di anni cinque, sbalatriccola felice per il salotto ripetendo con voce cristallina l’orribile bestemmia), altre più mirate («Quando finisce il primo tempo, per carità solo quando finisce il primo tempo, mi daresti una mano ad asciugare i piatti? Tanto ormai ne avete già presi tre…», irridendo la mia convinzione scaramantica che mettersi a sparecchiare e lavare a partita in corso porti malissimo, cosa peraltro vera). Tutte domande a cui è superfluo, o sconsigliabile, tentare di rispondere.
Ma la domanda autentica, quella sincera al cento per cento, Samantha me la farà al momento di andare a letto, dopo che il Toro ha preso le due-tre pappine di prammatica, mentre commento amaro che non vedo una vittoria nel derby dal 1995. Allora, scuotendo la testa, mi guarderà con quel disincanto venato di tenerezza che da secoli le mogli riservano ai mariti quando si comportano da deficienti, e mi chiederà, testualmente: «Ma era proprio necessario guardarla tutta, ’sta partita?».

Incipit tratto da:
Titolo: Le regole del gioco. Storie di sport e altre scienze inesatte
Autore: Marco Malvaldi
Casa editrice: Rizzoli
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Le regole del gioco – Marco Malvaldi

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Nella calma dello spogliatoio, poco prima dell’inizio del torneo olimpico di tennistavolo, l’inglese Matthew Syed si concentra su quello che sente come l’incontro più importante della sua carriera: ripassa la tecnica dei colpi, pensa al movimento delle gambe, al dettaglio dei gesti per recuperare la posizione d’equilibrio subito dopo il servizio. Poi, glaciale, si presenta al tavolo per affrontare il suo primo avversario, il tedesco Peter Franz. Sotto gli occhi di un palazzetto incredulo e di un numero non trascurabile di spettatori televisivi (è tennistavolo, ma è pur sempre un’Olimpiade), il povero Matthew viene battuto dal suo ancora più incredulo avversario per 21-4, 21-8, 21-4. Matthew Syed non è un giocatore qualsiasi, è campione del Commonwealth ed è universalmente riconosciuto tra i più spettacolari del mondo. Cos’è successo? Tenderemmo a pensare che sia l’eccessiva pressione la causa della débâcle, e in parte c’entra, ma la risposta è un’altra. E arriva dalla psicologia cognitiva. In un saggio sempre in bilico tra umorismo e suspense come le pagine migliori dei suoi romanzi, Marco Malvaldi scioglie questo e molti altri enigmi, ripercorrendo la storia dello sport sulle tracce di lanci, tiri e salti impossibili, con lo spirito di scoperta del vero uomo di scienza. “Cercare di capire il motivo per cui una punizione può seguire una traiettoria inspiegabile a livello intuitivo, o ragionare sul perché un tuffatore tenga le mani intrecciate e parallele all’acqua, o un saltatore in alto trovi conveniente aggirare l’asticella di schiena dà al nostro ruolo di spettatori una dimensione ulteriore.” E nobilita il divano sul quale siamo spaparanzati.
(Ed. Rizzoli; Saggi)