Una pietra sopra – Italo Calvino

Incipit Una pietra sopra – Italo Calvino

Incipit Una pietra sopra

Si parla spesso d’un problema del personaggio nella nostra letteratura d’oggi: personaggio positivo o negativo, nuovo o vecchio. È una discussione che se a certuni può parere oziosa, starà invece sempre a cuore a coloro che non separano i loro interessi letterari da tutta la complessa rete di rapporti che lega tra loro i vari interessi umani. Perché, tra le possibilità che s’aprono alla letteratura d’agire sulla storia, questa è la più sua, forse la sola che non sia illusoria: capire a quale tipo d’uomo essa storia col suo molteplice, e dettarne la sensibilità, lo scatto morale, il peso della parola, il modo in cui esso uomo dovrà guardarsi intorno nel mondo; quelle cose insomma che solo la poesia – e non per esempio la filosofia o la politica – può insegnare.

Incipit tratto da:
Titolo: Una pietra sopra
Autore: Italo Calvino
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Una pietra sopra

Una pietra sopra - Italo Calvino

Quarta Copertina / Trama

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Raccolti qui per la prima volta in volume, una quarantina di saggi di Italo Calvino, dagli anni tra il 1955 e il 1980, tra i quali «Il midollo del leone», «Il mare dell’oggettività», «La sfida al labirinto» e alcuni inediti.
In essi lo scrittore cerca di mettere ordine le sue letture, le sue preferenze, le sue antipatie, i suoi progetti. L’orizzonte culturale cambia più volte intorno a lui: dalla «letteratura impegnata» del dopoguerra alle esperienze dell’avanguardia internazionale, dalle filosofie della storia alla linguistica e alle «scienze umane», dal «rigore» al «desiderio». In questo scenario in movimento, seguiamo l’itinerario di qualcuno che cerca di capire e che non è mai completamente soddisfatto dei suoi tentativi di sistemazione. Allargando continuamente il suo angolo visuale per comprenderai gli aspetti che ne restavano più lontani, Italo Calvino vuole continuare a decidere volta per volta i suoi sì e suoi no, di fronte a una nuova realtà sempre più difficile da padroneggiare. L’immagine-chiave del libro è forse quella che troviamo in uno scritto degli Anni Sessanta: un programmatore in camice bianco al terminale d’un circuito elettronico cerca di sfuggire al l’angoscia dell’innumerabile e dell’inclassificabile riducendo tutto a diagrammi geometrici, a combinatorie d’un numero finito d’elementi; ma intanto, alle sue spalle s’allungano le ombre dei fantasmi d’una storia e d’una natura umane che non si lasciano esaurire dalle formule di nessun codice.
(Ed.Einaudi; Gli struzzi)

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La giornata d’uno scrutatore – Italo Calvino

Incipit La giornata d’uno scrutatore – Italo Calvino

Incipit La giornata d’uno scrutatore

Amerigo Ormea uscì di casa alle cinque e mezzo del mattino. La giornata si annunciava piovosa. Per raggiungere il seggio elettorale dov’era scrutatore, Amerigo seguiva un percorso di vie strette e arcuate, ricoperte ancora di vecchi selciati, lungo muri di case povere, certo fittamente abitate ma prive, in quell’alba domenicale, di qualsiasi segno di vita. Amerigo, non pratico del quartiere, decifrava i nomi delle vie sulle piastre annerite – nomi forse di dimenticati benefattori – inclinando di lato l’ombrello e alzando il viso allo sgrondare della pioggia.
C’era l’abitudine tra i sostenitori dell’opposizione (Amerigo Ormea era iscritto a un partito di sinistra) di considerare la pioggia il giorno delle elezioni come un buon segno. Era un modo di pensare che continuava dalle prime votazioni del dopoguerra, quando ancora si credeva che col cattivo tempo, molti elettori dei democristiani – persone poco interessate alla politica o vecchi inabili o abitanti in campagne dalle strade cattive – non avrebbero messo il naso fuor di casa. Ma Amerigo non si faceva di queste illusioni: era ormai il 1953, e con tante elezioni che c’erano state s’era visto che, pioggia o sole, l’organizzazione per far votare tutti funzionava sempre. Figuriamoci stavolta, che si trattava per i partiti del governo di far valere una nuova legge elettorale (la «legge-truffa», l’avevano battezzata gli altri) per cui la coalizione che avesse preso il 50% + 1 dei voti avrebbe avuto i due terzi dei seggi… Amerigo, lui, aveva imparato che in politica i cambiamenti avvengono per vie lunghe e complicate, e non c’è da aspettarseli da un giorno all’altro, come per un giro di fortuna; anche per lui, come per tanti, farsi un’esperienza aveva voluto dire diventare un poco pessimista.
D’altro canto, c’era sempre la morale che bisogna continuare a fare quanto si può, giorno per giorno; nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non è un balordo, contano quei due principi lì: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire. Amerigo non era uno che gli piacesse mettersi avanti: nella professione, all’affermarsi preferiva il conservarsi persona giusta; non era quel che si dice un «politico» né nella vita pubblica né nelle relazioni di lavoro; e – va aggiunto – né nel senso buono né nel senso cattivo della parola. (Perché c’era “anche” un senso cattivo; o “anche” un senso buono, secondo come uno la mette; Amerigo comunque lo sapeva). Era iscritto al partito, questo sì, e per quanto non potesse dirsi un «attivista» perché il suo carattere lo portava verso una vita più raccolta, non si tirava indietro quando c’era da fare qualcosa che sentiva utile e adatto a lui. In Federazione lo consideravano elemento preparato e di buon senso: ora l’avevano fatto scrutatore: un compito modesto, ma necessario e anche d’impegno, soprattutto in quel seggio, all’interno d’un grande istituto religioso. Amerigo aveva accettato di buon grado. Pioveva. Sarebbe rimasto con le scarpe bagnate tutta la giornata.

Incipit tratto da:
Titolo: La giornata d’uno scrutatore
Autore: Italo Calvino
Casa editrice: Einaudi
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La giornata d uno scrutatore - Italo Calvino

Quarta di copertina / Trama

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La giornata che questo racconto descrive è una domenica di votazioni politiche vissuta da un cittadino che è stato chiamato a fare da «scrutatore» in un seggio elettorale. Il seggio elettorale di trova all’interno d’un ospizio: il famoso «Cottolengo» di Torino. Lo scrutatore è un intellettuale comunista. Questa è la situazione da cui Italo Calvino sviluppa il suo racconto più pensoso.
(Ed. Einaudi; I Coralli. Prima Edizione)

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L’entrata in guerra – Italo Calvino

Incipit L’entrata in guerra – Italo Calvino

Incipit L’entrata in guerra

Il 10 giugno del 1940 era una giornata nuvolosa. Erano tempi che non avevamo voglia di niente. Andammo alla spiaggia lo stesso, al mattino, io e un mio amico che si chiamava Jerry Ostero. Si sapeva che al pomeriggio avrebbe parlato Mussolini, ma non era chiaro se si sarebbe entrati in guerra o no. Ai bagni quasi tutti gli ombrelloni erano chiusi; passeggiammo sulla riva scambiandoci supposizioni e opinioni, con frasi lasciate a mezzo, e lunghe pause di silenzio.
(L’entrata in guerra)

Incipit tratto da:
Titolo: L’entrata in guerra
Autore: Italo Calvino
Casa editrice: Einaudi
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L’entrata in guerra – Italo Calvino

Quarta di copertina / Trama

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Ecco Calvino a un quarto libro. Il primo fu Il sentiero dei nidi di ragno, subito dopo la guerra, un romanzo. Secondo Ultimo viene il corvo, un mazzo di racconti che in parte parvero spontanei e selvatici, dei fiori di campo, e in parte un po’ sforzati o comunque coltivati, dei fiori di serra. Terzo fu l’estroso racconto lungo del Visconte dimezzato, felice anche se non privo di qualche stridore meccanico.
Appunto a proposito del Visconte noi scrivemmo: «Calvino ha interessi che lo portano in più direzioni, la sintesi delle quali può prender forma sia in un senso di realismo a carica fiabesca sia in un senso di fiaba a carica realistica». Con questo quarto libro è in senso di realismo a carica fiabesca che Calvino rimette in movimento i propri interessi e li riordina e concerta. Ma per fare, pur senza parere, un nuovo passo in avanti. Poiché, Almenno in uno dei tre anelli di cui la catena narrativa del libro è composta, e cioè nella storia degli Avanguardisti a Mentone, egli ha saputo risolvere interamente in realtà anche i bagliori e il fumo della sua memoria. Avrà acquistato insieme la capacità di risolvere interamente in bagliori e fumo i dati da cui muove quando scrive le fiabe? Ad ogni modo il suo racconto su Mentone è forse il più maturo che la generazione di Calvino ci abbia dato finora. Sebbene non siano mancate, proprio nell’anno in corso, due o tre ottime prove, d’altri della stessa leva letteraria. Il racconto bellissimo di Domenico Rea in «Nuovi Argomenti», per esempio.
E.V.
(Ed. Einaudi; I Gettoni Prima Edizione)

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