Segreta Penelope – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Segreta Penelope – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Segreta Penelope

Sto scrivendo nella mia casa. Vivo in un appartamento su due piani. Lavoro al piano di sopra, di sotto c’è un mio amico. Se ne sta seduto, solo, davanti al televisore. È una situazione strana, del tutto insolita per me. Gabriel mi ha chiesto di poter guardare un video perché lui non ha il videoregistratore né ce l’avrà mai. Si rifiuta di comprare elettrodomestici che non abbiano una chiara ragione di esistere, e un videoregistratore, secondo lui, di ragioni di esistere non ne ha, tranne che in rare occasioni, come oggi. Oggi deve vedere le riprese di alcuni quadri destinati a una mostra su cui gli hanno chiesto di scrivere qualcosa. L’ho lasciato nel soggiorno con una tazza di caffè. Mi fa piacere che sia qui, è un amico ritrovato. Non ci vedevamo da molto tempo. È rimasto uguale, lui è dei pochi che sono rimasti uguali. Probabilmente si sente invecchiato, o intristito, o forse meno capace di destreggiarsi nella realtà, ma in apparenza la vita non gli ha lasciato troppi segni sulla pelle. Continua a sorridere di tutto, a cominciare dall’arte e dagli artisti. Collabora con diversi giornali, ha curato diverse esposizioni. Si guadagna da vivere così, non so con quale fortuna, dopo tutto questo tempo non so se viva bene o male. Qualcosa deduco dai suoi discorsi, qualcosa me l’ha detto lui, nel suo stile un po’ frettoloso, esattamente come faceva in gioventù. L’età lo ha cambiato nell’aspetto, lui è di quelli che si conservano bene. In gioventù era un ragazzo trasandato e bohémien. Adesso ha i capelli pieni di fili bianchi, ma poco di più. Gli occhi gli brillano della stessa luce smorzata di un tempo, la luce di chi non crede quasi in nulla. Negli anni sono arrivata a pensare che noi scettici invecchiamo meglio. Nemmeno io me la cavo troppo male. Sono ancora magra, gambe forti e schiena diritta, posso ancora spogliarmi in pubblico senza troppe preoccupazioni. Non è il caso di aspirare a maggiori beltà quando si sfiorano i cinquanta.

Incipit tratto da:
Titolo: Segreta Penelope
Autrice: Alicia Giménez-Bartlett
Traduzione: Maria Nicola
Titolo originale: Secreta Penélope
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di Segreta Penelope

Segreta Penelope – Alicia Giménez-Bartlett

Quarta di copertina / Trama

Per chiunque abbia fatto parte della generazione che fu giovane negli anni Settanta del Novecento, la generazione dell’autrice, Sara – la Penelope segreta, che s’è rifiutata di aspettare, di questa indagine narrativa su un suicidio – è un essere molto familiare. C’era una Sara, più o meno vicina al modello, quasi in ogni gruppo, nota, conosciuta o mitizzata in ogni compagnia di amici e di colleghi di studio. Magnetica incarnazione dello spirito del tempo; prova apparente che il buon selvaggio non fosse un mito ma il futuro liberato dalla corruzione del potere civile. E l’incarnazione si realizzava nella libertà sessuale: naturale, autentica, mai esibita, antiideologica, Eros trionfante su Thanatos, Dioniso su Apollo, l’innocenza infantile del piacere sulla malizia del vizio. E naturalmente tale identificazione della libertà con la sessualità doveva apparire ancora più naturale ed anticonformista nella Spagna da poco uscita dal bigottismo del Franchismo della Sara di questo libro. Ma nessuno sapeva di cosa ne sarebbe stato di una Sara dopo il tragico inevitabile; dopo il trauma di scoprire che anche quella libertà era solitaria e illusoria, e obbligatorio il ritorno ai ruoli donneschi di madre e di moglie.
Il romanzo di Alicia Giménez-Bartlett invece parte da qui. E mira a ricostruire che cosa successe a Sara nel corso del tempo del dopo. Lo rievocano, i giorni successivi al suicidio di Sara, le amiche che formavano il suo gruppo, il bolso personaggio che ne divenne il marito, la figlia che mai poteva amarla, fino alla scoperta del più intimo ultimo segreto, dell’ultimo inaccettabile amore: pezzi di memoria strappati con dolore dall’amica che narra in prima persona; ricordi nostalgici e pieni di un affetto senza comprensione; oppure le giustificazioni del conformismo alle ferite inferte come in riti sacrificali xxdi espiazione. La rivincita sorda, progressiva e crudele dell’ordine sul caos creativo. E il ritratto della splendida persona sconfitta dalla Penelope segreta appostata in ogni vita di donna, si piega in modo inquietante a una domanda sul tempo: che è troppo e troppo poco.
(Ed. Sellerio; Il Contesto)

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Un bastimento carico di riso – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Un bastimento carico di riso – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Un bastimento carico di riso

Garzón non capiva perché quel cadavere mi colpisse tanto, e non riusciva nemmeno a spiegarsi la natura della mia emozione. Secondo lui ormai avevamo visto più morti di Napoleone e Nelson messi insieme, e non si poteva certo dire che quella mattina il Parque de la Ciudadela fosse il campo di Waterloo dopo la battaglia. Un barbone sdraiato su una panchina, questo era tutto. Sembrava semplicemente che fosse rimasto addormentato e che, nonostante quel che gli stava capitando intorno, non si fosse ancora svegliato. L’avevano ammazzato di botte, ma nessuno era riuscito a cancellargli dalla faccia una serena dignità. Mani lunghe, barba bianca e fluente… era come re Lear nella tempesta, abbattuto dalla folgore, solo, immobile, a ricordare con la sua magnificenza che, perfino così abbandonato, era pur sempre un re.
– Sciocchezze, ispettore… – La voce del mio sottoposto mi riportò alla realtà, – … un re della zozzeria, vorrà dire. Provi a togliergli le scarpe e a dargli un’occhiata ai piedi. Di sicuro nessun re è mai stato profumato come lui.

Incipit tratto da:
Titolo: Un bastimento carico di riso
Autrice: Alicia Giménez-Bartlett
Traduzione: Maria Nicola
Titolo originale: Un barco cargado de arroz
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di Un bastimento carico di riso

Un bastimento carico di riso – Alicia Giménez-Bartlett

Quarta di copertina / Trama

L’assassinio di un barbone, anche se calza scarpe inspiegabilmente eleganti e costose, non è un evento che possa commuovere i commissariati di Barcellona, come di ogni parte del mondo. Troppo l’impegno per un risultato comunque di scarsa importanza, visto che i barboni, di fatto, vivono in un mondo in tutto separato e parallelo che solo apparentemente, o occasionalmente, occupa lo spazio e il tempo del nostro mondo ordinario e savio. Ma per la sfortuna degli assassini di questo complicato caso poliziesco, che non si ferma al primo omicidio, che prende due piste e poi le abbandona, che porta alla fine a una (come sempre) disincantata soluzione che ci disamora della saviezza del nostro mondo – è proprio questo parallelismo ad ammaliare Petra Delicado, ispettore della polizia di Barcellona, a far vibrare la corda segreta della sua simpateticità: «ebbi paura, una paura spaventosa perché quello sguardo mi aveva condotto ai confini di un territorio che esisteva anche dentro di me». Per lei «i barboni sono come dei re, che hanno qualcosa di mistico» come ironizza il suo vice Garzón, trascinato ancora una volta nella sarabanda di combinazioni, equivoci, casi e personaggi di strada in cui consiste un’inchiesta alla maniera di Petra. Una maniera che deve il suo fascino (e il suo successo di lettori, e l’ammirazione dei critici) al sistema di elementi romanzeschi che riesce a incardinare in armonia compiuta: il movimento reale dell’inchiesta sul territorio fatta da poliziotti verissimi; la commedia di un dialogo di puro divertimento, che proietta il lettore nelle vite private complicate dei due protagonisti, e nella loro opposta visione del mondo; la capacità di Petra di assorbire delle situazioni la loro verità umana, come un Maigret cresciuto nel femminismo; l’amore per la scena, per il linguaggio, per la vocazione ad essere – direbbe Camilleri – «tragediatori» da parte delle maschere che affollano il palcoscenico della storia.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

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Una stanza tutta per gli altri – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Una stanza tutta per gli altri – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Una stanza tutta per gli altri

Prima di scrivere qualunque cosa su questo diario nuovo che ho, devo, prima di tutto, raccontare come siamo arrivate Lottie e io a servire in questa casa, perché è la cosa più importante che è capitata; certo che sono anche capitate cose belle come andare a raccogliere fiori nei prati e funghi e bacche. Ma la cosa più importante è il giorno che il signorino Fry ci ha messe sul treno e ci ha salutate alla stazione e siamo venute ad Asham. Lì era venuto il signor Woolf ad aspettarci al binario e Lottie mi ha detto all’orecchio che non era un bell’uomo ma poi proprio mentre stava per stringerci la mano quella stupida mi ha dato dei pizzicotti al braccio che quasi mi ha fatto male e io ho dovuto rifilarle una gomitata di nascosto. Magari il signor Woolf si è accorto di qualcosa e ha pensato male di noi quelle due stupide ma credo di no. La casa è grande e dentro faceva freddo ma questo era quel che mi interessava di meno in quel momento io quel che volevo davvero era vedere la signora. Sapevo tutto di lei perché era amica del signorino Fry ma non l’avevo mai vista. Sapevo che era stata molto malata e pazza in un manicomio ma solo per un po’. Sapevo che prima di noi aveva avuto un’infermiera e una cuoca e una cameriera. La pazzia le era già passata prima del nostro arrivo. Ma quell’imbecille di Lottie aveva paura di vederla perché diceva che poteva saltarci addosso urlando e cavarci gli occhi. Lei dice che ne ha visti tanti di pazzi furiosi quando era piccola ma io non le credo perché ha sempre paura di tutto e me ne sono accorta dal primo giorno che l’ho conosciuta ma dato che siamo diventate amiche e adesso è mia amica faccio finta di niente e non glielo dico quanto mi sembra stupida a volte. Avevo così tanta voglia di conoscere la nuova signora che non ho fatto molto caso neanche quando il signor Woolf ci ha fatto vedere la nostra stanza. Lì abbiamo lasciato le valigie e i cappotti. Avevamo già avuto un’altra signora che era la madre del signorino Fry ma una signora vecchia non è la stessa cosa di una signora giovane.

Incipit tratto da:
Titolo: Una stanza tutta per gli altri
Autrice: Alicia Giménez-Bartlett
Traduzione: Maria Nicola
Titolo originale: Una habitación ajena
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di Una stanza tutta per gli altri

Una stanza tutta per gli altri – Alicia Giménez-Bartlett

Incipit Una habitación ajena

Creo sentir la misma fascinación por el llamado grupo de Bloomsbury que sienten muchos de mis contemporáneos de cualquier nacionalidad.El motivo se me antoja simple. Al margen de cualquier consideración artística o literaria, ese puñado de intelectuales se anticipó a un sueño que mezcla lo social y lo individual y por el que suspirábamos y siempre suspiraremos la gente que formamos parte de la generación que de algún modo quedó marcada por mayo del 68. Estoy refiriéndome a la libertad. Libertad sexual de pensamiento, de creación. Libertad en las relaciones humanas, en el modo de vida, en la negación de lo convencional.

Incipit tratto da:
Título : Una habitación ajena
Autor : Alicia Giménez-Bartlett
Editor : Lee-r
Lengua : Español

Quarta di copertina / Trama

«Credo di essere affascinata dal cosiddetto gruppo di Bloomsburycome molti miei contemporanei di ogni nazione. Le pagine che seguono sono una commistione di frammenti del diario di Nelly Boxall e brani del romanzo basato su fatti reali che un giorno finirò di scrivere». Con questa finzione, il ritrovamento del diario di una domestica di casa più la sistemazione di appunti stesi durante una ricerca storico biografica, si annuncia un racconto sul gruppo di Bloomsbury, e soprattutto sulla sua affascinante ed enigmatica protagonista, Virginia Woolf. Solo che Una stanza tutta per gli altri tradisce la sua promessa (già nel titolo, parodistica parafrasi del celebre saggio emancipazionista della Woolf Una stanza tutta per sé) per essere sopratutto il romanzo di Nelly, la domestica che dal 1916 al 1934 servì in casa Woolf. Il romanzo, certo, di ciò che Nelly vedeva: il marito Leonard, i sodali del gruppo, Lytton Strachey, la sorella Vanessa, grande pittrice, Catherine Mansfield, Vita Sackville-West, brandelli di vita della Hogarth Press; e di Virginia, la presenza, quasi volatile, l’ipersensibilità, il suo amore per essere amata. Ma il gruppo di Bloomsbury è solo una cornice, uno sfondo, e forse, viene voglia di dire, una placenta che nutre un mondo di donne che anela a nascere, ma diventa presto solo il decorso di una ossessione impossibile a sciogliersi, di una specie di legame invincibile e doppio. Quello di Nelly per Virginia, dapprima adorata senza discussione; poi progressivamente odiata e amata in un desiderio mimetico, nello sforzo ostinato e respinto insieme di liberarsene. E il legame di Virginia per Nelly, che le sembra una personalità da romanzo: «Se questo diario non l’avessi scritto io e un bel giorno dovesse cadere nelle miei mani, cercherei di scrivere un romanzo su Nelly», confessa la grande scrittrice, quasi sperando di poter scrutare nella psicologia della domestica come in una Signora Dalloway sfortunata. Una stanza tutta per gli altri è un romanzo sottile, anticonvenzionale, attraversato da una vena antiretorica, in cui si può leggere di un intricato rapporto, descritto senza soggiacere a miti e fascinazioni. Ma si può leggere anche una versione di Nelly del gruppo intellettuale più influente del Novecento che lo dilegua in una specie di sentimento del contrario e ne rovescia l’atmosfera, rendendolo ironicamente ancora di più rappresentativo del secolo.
(Ed. Sellerio: Il Contesto)

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