La Signora del martedì – Massimo Carlotto

Incipit La Signora del martedì - Massimo Carlotto

Incipit La Signora del martedì

Era sempre l’ultimo ai provini. Per una questione di prestigio. La vecchia guardia non aveva nulla da dimostrare. Lui la gavetta l’aveva fatta da un pezzo, era passato il tempo in cui sgomitava per essere tra i primi a entrare e abbassarsi i pantaloni. Nel porno funziona così: prima mostri l’ardiglione, poi si discute.
Ora la cintura non la slacciava più. Il suo “repertorio” nel giro lo conoscevano tutti. Ormai non ricordava nemmeno quanti film avesse girato. Da protagonista, quando era più giovane. Poi aveva iniziato a specializzarsi in ruoli meno acrobatici ma con maggiore spessore recitativo. Quella mattina si era candidato per la parte di un parroco che sfrutta il confessionale per circuire una giovane casalinga annoiata che, incautamente, gli ha appena confidato i peccati della carne. Invece di darle l’assoluzione, dopo averla seppellita sotto una montagna di preghiere da recitare in ginocchio, la fa precipitare in un abisso di lussuria. Anche con l’aiuto della perpetua: una russa bionda naturale alta un metro e ottanta.

Incipit tratto da:
Titolo: La Signora del martedì
Autore: Massimo Carlotto
Illustrazione copertina: Emanuele Ragnisco
Casa editrice: e/o
Qui è possibile leggere le prime pagine di La Signora del martedì

La signora del martedì - Massimo Carlotto

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Quarta di copertina / Trama

Bonamente Fanzago è un attore porno in disarmo. Tiene duro aspettando che ogni martedì una donna misteriosa paghi i suoi servizi da gigolò alla pensione Lisbona, un alberghetto da poco dove il proprietario, il signor Alfredo, vive la sua condizione di travestito nascondendosi da un ambiente ipocrita e perbenista. Quando un imprevisto darà il via a una girandola di effetti collaterali, per i tre diventerà questione di vita o di morte scavare dentro di sé e nel proprio passato per tirarsi fuori dai guai.
(Ed. e/o; Dal mondo)

La signora del martedì - Audiolibro - Carlotto

La legge del sognatore – Daniel Pennac

Incipit La legge del sognatore – Daniel Pennac

Incipit La legge del sognatore

Posto che sia possibile mettere una data a simili nascite, io sono diventato scrittore la notte di questa conversazione con Louis. Avevo dieci anni e sostenevo con il mio migliore amico che la luce era fatta di acqua.
“Di acqua? Sei sicuro di quello che dici?”
“Sicurissimo, la luce è fatta di acqua!”
“La luce elettrica? Quella della lampada sul comodino? È fatta di acqua?”
Vercors, notte fonda, la conversazione si svolgeva nella mia camera, di cui Louis era l’ospite fisso: lui nel suo letto e io nel mio, tra di noi la lampada da notte e, appeso sopra le nostre teste, un disegno coloratissimo di Federico Fellini. Questa la scena.
“Sì, la luce gialla delle lampadine e la luce bianca dei neon è fatta di acqua.”
“Chi te l’ha detto?”
“Il maestro, la settimana scorsa. Il giorno che tu eri assente. Ci ha spiegato che in montagna, cioè qui, la luce è fatta dell’acqua dei fiumi che grazie alle dighe sono trasformati in laghi, e che poi viene domata in certi impianti fatti apposta.”
“Acqua domata? Sei sicuro di aver capito bene?”

Incipit tratto da:
Titolo: La legge del sognatore
Autore: Daniel Pennac
Traduzione: Yasmina Melaouah
Titolo originale: La loi du rêveur
Illustrazione Copertina: Marco Ventura
Casa editrice: Feltrinelli
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La legge del sognatore - Daniel Pennac

Incipit La loi du rêveur

Pour autant qu’on puisse dater ce genre de naissance, je suis devenu écrivain la nuit de cette conversation avec Louis. J’avais dix ans et j’affirmais à mon meilleur copain que la lumière c’est de l’eau.
— De l’eau, tu es sûr de ce que tu dis ?
— Parfaitement, la lumière c’est de l’eau.
— La lumière électrique ? Celle de notre lampe de chevet ? C’est de la flotte ?
Vercors, nuit tombée, la conversation avait lieu dans ma chambre d’enfant, dont Louis était l’invité perpétuel : lui dans son lit moi dans le mien, notre lampe de chevet entre nous, et un dessin très coloré de Federico Fellini accroché au-dessus de nos têtes. C’est le décor.
— Oui, la lumière jaune des ampoules et la lumière blanche des néons, c’est de l’eau.
— Qui t’a raconté ça ?
— Le maître, la semaine dernière, le jour où tu étais absent. Il nous a expliqué qu’en montagne, c’est-à-dire ici, la lumière c’est de l’eau, des rivières qu’on transforme en lacs, grâce à des barrages, et qu’on apprivoise dans des usines spéciales.
— De la flotte qu’on apprivoise ? Tu es sûr que tu as bien compris ?

Incipit tratto da:
Titre: La loi du rêveur
Auteur: Daniel Pennac
Editeur: Gallimard
Langue: Français

Quarta di copertina / Trama

La lampadina del proiettore è saltata in pieno Fellini. Minne e io stavamo guardando Amarcord a letto. “Oh, no, cazzo!” Ho piazzato una sedia sopra un tavolo e sono andato all’assalto di quell’arnese per cambiare la lampadina fulminata. Un gran botto, la casa si è spenta, sono franato giù con tutta la mia impalcatura e non mi sono più rialzato. Mia moglie mi ha visto morto ai piedi del letto coniugale. Nel frattempo io rivivevo la mia vita. Pare succeda spesso. Ma non si svolgeva esattamente come l’avevo vissuta.
D.P.
“Se solo mia madre mi avesse presentato a Federico Fellini!”
(Ed. Feltrinelli)

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Ah l’amore l’amore – Antonio Manzini

Incipit Ah l’amore l’amore – Antonio Manzini

Incipit Ah l’amore l’amore

I vasi sanguigni renali erano stati legati, poi furono sezionati i vasi gonadici e dell’uretere. Il dottor Negri si apprestava ad asportare il rene. Improvvisamente l’incisione xifo-ombelicale cominciò a perdere sangue copiosamente e se ne riempì impedendo la visione del campo operatorio. «Aspirazione!» ordinò il chirurgo. L’emorragia colse l’équipe di sorpresa. L’anestesista montò lo spremisacca per iniziare la trasfusione massiccia al paziente. Petitjacques, l’assistente, cercava insieme alla strumentista di tamponare il sangue. Il chirurgo guardò il monitor dei parametri. La pressione arteriosa scese in maniera vertiginosa e il battito cardiaco arrivò a 150. «Ha una reazione trasfusionale». L’anestesista osservò la sacca appesa al gancio. L’etichetta riportava 0 Rh negativo, lo stesso gruppo del paziente. «Non è possibile!» disse, «la sacca è questa! C’è il nome del paziente» e ordinò una soluzione fisiologica e prednisone. La ferita continuava a buttare sangue, guanti, camici e teli erano lordi di macchie scure. L’anestesista chiuse il deflussore della trasfusione. Tolse la sacca e ne afferrò un’altra per sostituirla. Lo scenario non cambiò, i parametri vitali continuavano a scendere, l’emorragia non si fermava. «Pulsazioni 176, pressione arteriosa 54».

Incipit tratto da:
Titolo: Ah l'amore l'amore
Autore: Antonio Manzini
Illustrazione Copertina: Riccardo Guasco
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di Ah l’amore l’amore

Ah l’amore l’amore – Antonio Manzini

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Quarta di copertina / Trama

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Rocco Schiavone, vicequestore ad Aosta, è ricoverato in ospedale. Un proiettile lo ha colpito in un conflitto a fuoco, ha perso un rene ma non per questo è meno ansioso di muoversi, meno inquieto. Negli stessi giorni, durante un intervento chirurgico analogo a quello da lui subito, un altro paziente ha perso la vita: Roberto Sirchia, un ricco imprenditore che si è fatto da sé. Un errore imperdonabile, uno scandalo clamoroso. La vedova e il figlio di Sirchia, lei una scialba arricchita, lui, molto ambizioso, ma del tutto privo della energia del padre, puntano il dito contro la malasanità. Ma, una sacca da trasfusione con il gruppo sanguigno sbagliato, agli occhi di Rocco che si annoia e non può reprimere il suo istinto di sbirro, è una disattenzione troppo grossolana. Sente inoltre una profonda gratitudine verso chi sarebbe il responsabile numero uno dell’errore, cioè il primario dottor Negri; gli sembra una brava persona, un uomo malinconico e disincantato come lui. Nello stile brusco e dissacrante che è parte della sua identità, il vicequestore comincia a guidare l’indagine dai corridoi dell’ospedale che clandestinamente riempie di fumo di vario tipo.
Se si tratta di delitto, deve esserci un movente, e va ricercato fuori dall’ospedale, nelle pieghe della vita della vittima.
Dentro i riti ospedalieri, gli odori, il cibo immangiabile, i vicini molesti, Schiavone si sente come un leone in gabbia. Ma è un leone ferito: risulta faticoso raccogliere gli indizi, difficile dirigere a distanza i suoi uomini, non può che affidarsi all’intuito, alle impressioni sulle persone, ai dati sul funzionamento della macchina sanitaria. E l’autore concede molto spazio alla psicologia e alle atmosfere. Rocco Schiavone ha quasi cinquant’anni, certe durezze si attenuano, forse un amore si affaccia. Sullo sfondo prendono più rilievo le vicende private della squadra.E immancabilmente un’ombra, di quell’oscurità che mai lo lascia, osserva da un angolo della strada lì fuori.
(Ed. Sellerio; La Memoria)