Kaddish.com – Nathan Englander

Specchi coperti e porta d’ingresso socchiusa.

Incipit Kaddish.com

Specchi coperti e porta d’ingresso socchiusa. Larry, colletto strappato e un’ombra di barba, è appoggiato al piano di granito della lussuosa cucina a isola di sua sorella. Dice: – Mi fissano tutti. I tuoi amici continuano a guardarmi.
– Non c’è niente di strano, – risponde Dina. – Vengono, dicono cose gentili, si sentono a disagio e guardano.
Sono passate poche ore dal funerale, e Larry, a dire il vero, è arrabbiato con se stesso per avere sollevato la questione. Era sicuro che niente potesse acuire la disperazione per la perdita del padre. Ma questo, questo calmo, mormorante flusso di care persone, ha peggiorato ulteriormente le cose.
Quello che gli dà fastidio è il tipo di sguardo che gli viene rivolto. Non è il solito cenno di cordoglio che si offre normalmente. Larry è convinto che contenga qualcosa di tagliente – un’accusa.
Non sa come potrà sopravvivere a una settimana intrappolato in casa della sorella, nella comunità della sorella, quando, ogni volta che un visitatore gli lancia un’occhiata, lui si sente giudicato.

Incipit tratto da:
Titolo: Kaddish.com
Autore: Nathan Englander
Traduzione: Silvia Pareschi
Titolo originale: Kaddish.com
Casa editrice: Einaudi

Libri di Nathan Englander

Copertine di Kaddish.com di Nathan Englander

Incipit Kaddish.com

Mirrors covered and front door ajar, collar torn and sporting a shadow of beard, Larry leans against the granite top of his sister’s fancy kitchen island. He says, “Everyone’s staring at me. All of your friends.”
“That’s what people do,” Dina tells him. “They come, they say kind things, they feel uncomfortable, and they stare.”
It’s only hours after the funeral and, honestly, Larry hates himself for bringing it up. He really thought nothing could add to the despair of his father’s loss. But this, this quiet, muttering stream of well-wishers has made it, for Larry, all the worse.
What he’s taking issue with is the look that he’s getting. It’s not the usual pained nod one naturally offers. Larry’s convinced there’s a bite to it—condemning.
He doesn’t know how he’ll survive a week trapped in his sister’s home, in his sister’s community, when every time one of the visitors glances over, Larry feels himself appraised.

Incipit tratto da:
Title: Kaddish.com
Author: Nathan Englander
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Secondo tradizione, alla morte del padre spetta al figlio maschio recitare il Kaddish del lutto ogni giorno per undici mesi. Un compito di gran lunga troppo gravoso per Larry, unico figlio maschio, ateo e un po’ debosciato, in una famiglia ortodossa di Brooklyn. Che fare allora, per rispettare la tradizione e salvare l’anima del padre senza perdere la propria? Semplice, basta andare nel mare magnum del sapere contemporaneo: internet, che, proprio come Dio, è ovunque. Un capolavoro di funambolismo letterario, per Nathan Englander, sempre in bilico fra la piú profonda comicità e la piú sfrenata serietà.

Larry ha appena perso il padre, ebreo ortodosso di Brooklyn, ed è ospite, o meglio prigioniero, in casa della sorella, severa esponente della comunità religiosa di Memphis, Tennessee. Con lei sta celebrando i sette giorni di lutto stretto, la shivah. E dopo la shivah verrà il Kaddish del lutto, la preghiera per il defunto che il figlio maschio deve recitare ogni giorno per undici mesi alla presenza di un minian di almeno dieci maschi ebrei. Ma, una volta tornato a Brooklyn, lo scapestrato Larry manterrà il suo impegno? E ne sarà poi all’altezza? Una soluzione esiste ed è là dove tutti i saperi si fondono e diffondono: il World Wide Web. Sul sito kaddish.com, connubio di moderna tecnologia e antiche tradizioni pensato proprio per supplire alle mancanze di ebrei poco rigorosi come Larry, è possibile assoldare bravi e devoti studiosi della Torah che, in cambio di un compenso in denaro, si incaricano di salvare l’anima del defunto per conto terzi. Sembrerebbe la quadratura del cerchio, per il (non) credente postmoderno, ma sarà davvero cosí? Gli effetti della navigazione notturna di Larry nell’oceano di internet finiranno, a molti anni di distanza, per farlo approdare proprio in quella Gerusalemme ancestrale da cui lui aveva cercato in ogni modo di tenersi alla larga. E nel «folle guazzabuglio» dei vicoli di Nachlaot, dove «ci sono case signorili nascoste dietro cancelli sgangherati, e stamberghe là dove ci si aspetta di scorgere case signorili», nelle viuzze popolate da donne che incarnano la resilienza e l’abnegazione delle prime pioniere del sionismo, nelle scuole talmudiche frequentate da impavidi giovani dediti all’incessante studio della Torah e rabbini venerandi e imperscrutabili, Larry finirà per scoprire insospettate verità. Spericolato funambolo, Nathan Englander ha il rarissimo dono di sapersi mantenere in equilibrio fra mondi che parrebbero inconciliabili, profonda comicità mista a sfrenata serietà, lo sguardo distaccato e ironico del newyorkese liberal e il viscerale tradizionalismo dell’ebreo cresciuto in una rigida osservanza, Brooklyn e Gerusalemme, che un po’ fanno a pugni e un po’ si stringono in un abbraccio fraterno. Si tratta di un equilibrio precario sull’abisso, sempre a un passo dalla catastrofe: conviene sorvolarlo sul soffio leggero di una risata.
(Ed. Einaudi)

Indice cronologico opere e bibliografia di Nathan Englander

Una cena al centro della terra – Nathan Englander

Non ti riguarda mai direttamente

Incipit Una cena al centro della terra

Non ti riguarda mai direttamente. Né l’aggressione, né la rappresaglia. Né i tre ragazzi rapiti, senz’altro morti, né il bambino assassinato nella foresta, bruciato vivo.
Seduta su una sedia davanti alla tua casetta in affitto, aspetti immobile il clic del bollitore per l’acqua del tè. Sposti un piede, e una lucertola, vedendoti, assume il colore della sabbia.
Dall’altra parte del paese, i soldati avanzano tentoni fra le colline a sud di Hebron. Arrancano lenti, rivoltando le pietre a caccia di corpi. E laggiù, oltre la recinzione, gli abitanti della striscia di Gaza svuotano i mercati; aprono disciplinatamente i rubinetti, riempiendo secchi e bacinelle.

Incipit tratto da:
Titolo: Una cena al centro della terra
Autore: Nathan Englander
Traduzione: Silvia Pareschi
Titolo originale: Dinner at the Center of the Earth
Casa editrice: Einaudi

Libri di Nathan Englander

Copertine di Una cena al centro della terra di Nathan Englander

Incipit Dinner at the Center of the Earth

It’s never about you. Neither attack, nor counterattack. Not the three boys kidnapped, surely dead, or the child murdered in the forest, burned alive.
Sitting still in a chair outside your rented cottage, you wait for the click of your tea water come to boil. You shift a foot, and, at sight of you, a lizard turns the color of the sand.
Across the country, the soldiers scrabble through the South Hebron Hills. They crawl about, hunting the bodies, turning stones. And here, beyond the fences, the Gazans strip the markets bare; dutifully, they run their taps, filling bucket and bowl.

Incipit tratto da:
Title: Dinner at the Center of the Earth
Author: Nathan Englander
Publisher: Penguin Random House
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Il Prigioniero Z è un uomo senza piú identità né futuro. Da dodici anni è rinchiuso in una segreta nel deserto del Negev con la sola compagnia del suo indefesso sorvegliante, nella vana attesa che il Generale gli restituisca la vita. Ma com’è finito, il Prigioniero Z, in quella cella desolata? Quale guerra di spie, quali doppi giochi e tradimenti, fra New York e Gaza, Parigi e Berlino, l’hanno condotto fino a lí? E qual è davvero la sua colpa? Aver lasciato che la coscienza interferisse con la causa? Aver mentito troppo, o troppo poco? Aver amato ciecamente chi non era ciò che sembrava?
Molti destini si intrecciano in questa storia sfaccettata che si snoda tra Gaza e New York, Berlino, Parigi e Capri, in un arco temporale di dodici anni fra il 2002 e il 2014: quello del Prigioniero Z, uomo dalle molte identità e nessuna, traditore e tradito; del suo sorvegliante israeliano, un giovane pensoso e sensibile, inevitabilmente coinvolto da quella vicinanza forzata; di Ruthi, l’assistente personale del Generale, che veglia sul suo corpo sospeso nel limbo del coma in un ospedale nei pressi di Tel Aviv; del Generale, una figura a tratti demoniaca e a tratti messianica, un guerriero e un capo di stato che ha avuto nelle sue mani il destino di un’intera nazione, e che ora vive in una terra popolata solo di ricordi; di Farid, un giovane palestinese amante della barca a vela e paladino della causa araba; di Joshua, un ricco uomo d’affari canadese che a Berlino si occupa di import-export su uno scacchiere ben più grande di lui; e di una misteriosa e bellissima cameriera italiana che parla sospettabilmente bene l’inglese. Niente è come appare, tutto è fatalmente connesso in Una cena al centro della terra, romanzo breve e densissimo che è insieme un thriller di spionaggio, un romanzo storico, una storia d’amore, un apologo morale e una tragedia classica. Al centro di questa matrioska narrativa vibrano i temi della fedeltà e del tradimento, della divisione tra popoli e tra amanti, della labilità dei confini e dell’identità. Calando la sua vicenda al cuore del conflitto arabo-palestinese, nel periodo fra la seconda intifada e la morte di Ariel Sharon, Englander, salutato come il naturale erede di Philip Roth per la sua espressione dell’ebraicità, la sua penna caustica, la padronanza del registro comico come di quello struggente, la ricchezza della sua lingua e della sua fantasia, mostra qui di aver raggiunto un nuovo traguardo. È parte della sua maestria saper creare, con quel momento di convivialità, vero amore e unione che dà il titolo al libro, una bolla di pace e tangibile speranza dimentica di ogni conflitto. Ma per ora la cena può avvenire solo sotto la superficie, di nascosto, al buio, in paziente attesa, mentre sopra infuria la battaglia.
(Ed. Einaudi)

Indice cronologico opere e bibliografia di Nathan Englander

Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank – Nathan Englander

Sono in casa nostra da neanche dieci minuti e Mark sta già pontificando sull’occupazione israeliana

Incipit Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank

Sono in casa nostra da neanche dieci minuti e Mark sta già pontificando sull’occupazione israeliana. È una cosa che gli abitanti di Gerusalemme, come lui e Lauren, si sentono in diritto di fare.
Mark annuisce con aria stoica. – Se avessimo quello che avete voi qui, nel Sud della Florida… – dice, senza finire la frase. – Eh, già, – riprende, continuando ad annuire. – Non avremmo nessun problema.
– Ma voi avete quello che abbiamo noi, – gli dico. – Tutto quanto. Il sole e le palme. I vecchi ebrei, le arance e i guidatori più imbranati del mondo. Probabilmente, – proseguo, – a questo punto abbiamo più israeliani di voi -. Debbie, mia moglie, mi mette una mano sul braccio. È il suo modo di comunicarmi che sto prendendo un certo tono, che sto interrompendo qualcuno, raccontanto cose troppo personali o facendo una battuta fuori luogo. È il mio segnale e, considerando la frequenza con cui lo ricevo, mi stupisco che ogni tanto Debbie mi lasci andare il braccio.

Incipit tratto da:
Titolo: Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank
Autore: Nathan Englander
Traduzione: Silvia Pareschi
Titolo originale: What We Talk About When We Talk About Anne Frank
Casa editrice: Enaudi

Libri di Nathan Englander

Copertine di Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank di Nathan Englander

Incipit What We Talk About When We Talk About Anne Frank

They’re in our house maybe ten minutes and already Mark’s lecturing us on the Israeli occupation. Mark and Lauren live in Jerusalem, and people from there think it gives them the right.
Mark is looking all stoic and nodding his head. “If we had what you have down here in South Florida …,” he says, and trails off. “Yup,” he says, and he’s nodding again. “We’d have no troubles at all.”
“You do have what we have,” I tell him. “All of it. Sun and palm trees. Old Jews and oranges and the worst drivers around. At this point,” I say, “we’ve probably got more Israelis than you.” Debbie, my wife, she puts a hand on my arm. Her signal that I’m taking a tone, or interrupting someone’s story, sharing something private, or making an inappropriate joke. That’s my cue, and I’m surprised, considering how much I get it, that she ever lets go of my arm.

Incipit tratto da:
Title: What We Talk About When We Talk About Anne Frank
Author: Nathan Englander
Publisher: Hachette
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Si respira un’aria antica fra le pagine di questa nuova raccolta di racconti di Nathan Englander. C’è l’immutabilità della parabola e la sapienza della narrazione ebraica, c’è il grottesco di Gogol’ e l’ineludibilità di Kafka, l’intelligenza caustica di Philip Roth e la spiritualità applicata di Marilynne Robinson. E intorno a tutto, incontenibile, liberatoria, un po’ sacrilega, una sonora risata.
La scrittura di Englander corre agile sul filo teso fra il religioso e il secolare, agile e mai leggera, esplora gli obblighi e le complessità morali dei due versanti, ne assapora le esilaranti debolezze, strappando sorrisi pronti a congelarsi in smorfie attonite. Il marito esemplare e avvocato di successo di Peep show cerca la trasgressione in uno squallido locale a luci rosse, e incontra invece la sua cattiva coscienza travestita (o meglio svestita) da rabbino della sua vecchia yeshiva. Le nudità flaccide e pelose dell’esimio dottore della legge restano comiche solo fino al successivo, terrorizzante, travestimento.
Si ride di gusto anche delle piccole manie geriatriche degli ospiti del centro estivo Camp Sundown, finché riguardano spray antizanzare e allarmi antifumo, ma quando le vetuste menti dei villeggianti credono di riconoscere in un compagno di soggiorno un carceriere nazista di ben altro campo del loro passato, la commedia si tinge di nero.
L’ombra dell’Olocausto, o di una sua rivisitazione, occhieggia insistente fra le pagine del libro: a partire dal riferimento alla diarista simbolo della Shoah, informa il clima dell’intera raccolta e del racconto da cui prende il titolo. Lì due coppie diversissime fra loro – ebrei ortodossi residenti a Gerusalemme gli uni, americani non praticanti gli altri – siedono intorno a un tavolo e, tra i fumi dell’alcol e della marijuana, discutono, non di amore e incomunicabilità, come nell’illustre antecedente carveriano, ma di identità e fede. Fino alla prova che scuote le certezze, il «gioco di Anne Frank»: in caso di un secondo Olocausto, quale Gentile mi sottrarrà al mio destino?
L’ineluttabilità del fato e la sua costruzione, la perversa macchina dei ruoli inculcati per discendenza, sono magistralmente illustrati nell’ambizioso racconto Le colline sorelle, che dalla guerra di Yom Kippur a oggi, fra senso della missione e senso della minaccia, insieme alle radici di un simbolico ulivo maledetto mette a nudo quelle dell’odio.
E così, tassello dopo tassello, Englander offre un’altra sfaccettata declinazione dell’ebraicità che, da Singer, Malamud e Bellow fino a Roth, lo colloca saldamente e con unanime plauso nella grande tradizione letteraria ebraico-americana.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

Cronologia opere e bibliografia di Nathan Englander