Lila – Marilynne Robinson

Incipit Lila

La bambina se ne stava al buio sui gradini dell’uscio, le braccia strette intorno al corpo per difendersi dal freddo, senza piú lacrime e quasi addormentata. Non aveva la forza di urlare ancora, ma tanto non la sentivano e, nel caso, sarebbe stato anche peggio. Qualcuno aveva gridato: «Falla smettere, se no ci penso io!» e allora una donna l’aveva trascinata via per un braccio da sotto il tavolo e spinta fuori sui gradini sbattendo la porta, e i gatti si erano rifugiati sotto la casa. Non si lasciavano piú avvicinare da lei perché certe volte li sollevava per la coda. Aveva le braccia piene di graffi, e i graffi pizzicavano. Si infilava sotto la casa per cercare i gatti, ma anche quando riusciva ad acchiapparne uno, piú lei lo stringeva piú quello si difendeva e la morsicava, e allora lo lasciava andare. Vuoi buttar giú la porta a furia di bussare? Nessuno ti vuole tra i piedi se ti comporti cosí. E allora la zanzariera si era richiusa, e dopo un po’ era scesa la notte. Quelli dentro casa avevano litigato fino a quietarsi, e la notte era andata avanti per un pezzo. Lei aveva paura a stare sotto la casa, e aveva paura a stare sulla scala, ma se rimaneva vicino alla porta c’era il pericolo che si aprisse. La luna la fissava dritto in faccia, e dal bosco arrivavano dei rumori, ma si era quasi addormentata quando Doll arrivò su per il viottolo e la trovò in quello stato pietoso che piú pietoso non si poteva, la prese in braccio avvolgendola nel suo scialle e disse: – Allora, non abbiamo nessun posto dove andare. Dove andiamo?

Incipit tratto da:
Titolo: Lila
Autrice: Marilynne Robinson
Traduzione: Eva Kampmann
Titolo originale: Lila
Casa editrice: Einaudi

Libri di Marilynne Robinson

Lila di Marilynne Robinson

Incipit Lila

The child was just there on the stoop in the dark, hugging herself against the cold, all cried out and nearly sleeping. She couldn’t holler anymore and they didn’t hear her anyway, or they might and that would make things worse. Somebody had shouted, Shut that thing up or I’ll do it! and then a woman grabbed her out from under the table by her arm and pushed her out onto the stoop and shut the door and the cats went under the house. They wouldn’t let her near them anymore because she picked them up by their tails sometimes. Her arms were all over scratches, and the scratches stung. She had crawled under the house to find the cats, but even when she did catch one in her hands it struggled harder the harder she held on to it and it bit her, so she let it go. Why you keep pounding at the screen door? Nobody gonna want you around if you act like that. And then the door closed again, and after a while night came. The people inside fought themselves quiet, and it was night for a long time. She was afraid to be under the house, and afraid to be up on the stoop, but if she stayed by the door it might open. There was a moon staring straight at her, and there were sounds in the woods, but she was nearly sleeping when Doll came up the path and found her there like that, miserable as could be, and took her up in her arms and wrapped her into her shawl, and said, “Well, we got no place to go. Where we gonna go?

Incipit tratto da:
Title: Lila
Author: Marilynne Robinson
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Lila viaggia leggera: un vestito, un vecchio coltello arrugginito, e un bagaglio di ricordi e delusioni. Non ha mai avuto altro, Lila, nemmeno un nome, prima che, da bambina, una vecchia di passaggio gliene offrisse uno per pietà. Poi un giorno la misteriosa Doll, sfregiata in volto e nel cuore, diseredata a sua volta, forse una fuorilegge, raccoglie quel fagotto di pelle, ossa e sporcizia, lo avvolge nel suo scialle capiente, e lo porta via da quella casa senza amore. Per loro inizia una vita di vagabondaggio, fra i pericoli della strada sempre piú arcigna dopo l’arrivo della Grande Depressione, e l’intimità gioiosa di due anime perse e sole che bastano a loro stesse. Lila cresce al fianco protettivo di Doll, madre e padre per lei, e legge, e religione, fino a che all’improvviso si ritrova sola al mondo, e la strada le mostra un’altra faccia. Quando il suo errare la conduce al villaggio di Gilead, è ormai una randagia incallita e diffidente, malata di solitudine. Nulla la può sorprendere, tranne forse l’uomo che incontra oltre la porta della chiesa dove si rifugia per sfuggire all’acquazzone. John Ames sa parlare e sa ascoltare. È il vecchio pastore del paese, rispettato da tutti, da molti giudicato un santo. Il reverendo conosce bene la sofferenza, e ne riconosce in lei una gemella, e un’identica tensione alla verità, e molto altro ancora. Lila ha bisogno di sapere, di capire tutto quanto, che cosa sia il firmamento, per esempio, e perché un bambino possa essere tanto maltrattato, e come si coniughi la religione del perdono con la condanna dei peccatori. Ha bisogno di risposte che spazzino via la vergogna di tutta la sua vita e rivolge al vecchio Ames le domande piú difficili della sua lunga carriera. Fino alla richiesta estrema: sposami. Dopo Gilead (Premio Pulitzer 2005) e Casa (Orange Prize 2009), con Lila (National Book Critics Circle Award 2015) Marilynne Robinson ritorna ai suoi protagonisti e alla sua ambientazione esemplare, la sua Yoknapatawpha del Midwest, per regalarci una prospettiva nuova – femminile, tormentata, forte – su questo viaggio umano.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

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Casa – Marilynne Robinson

Incipit Casa

– A casa per sempre, Glory! Sí! – esclamò il padre, e lei si sentí stringere il cuore. Il vecchio tentò un ammiccamento di gioia a quell’idea, ma aveva le palpebre umide per la commiserazione. – Per un po’, questa volta! – si corresse, prendendole la borsa dopo aver passato il bastone nella mano piú debole. Buon Dio, pensò lei, buon Dio del cielo. Cosí cominciavano e finivano ultimamente tutte le sue preghiere, che in realtà erano grida di stupore. Com’era possibile che suo padre fosse tanto fragile? E com’era possibile che fosse tanto incautamente deciso a incarnare la propria idea del gentiluomo da appendere il bastone al corrimano delle scale per – buon Dio – portarle la borsa su in camera? Eppure lo fece, e poi si fermò accanto alla porta per riprendersi.
– A detta di Mrs Blank questa è la stanza piú bella –. Indicò le finestre. – C’è riscontro d’aria. Non so. A me sembrano tutte belle –. Scoppiò a ridere. – Be’, è una buona casa –. Per lui quella villetta rappresentava la beatitudine generale della sua vita, che era palese, assolutamente indiscutibile.

Incipit tratto da:
Titolo: Casa
Autrice: Marilynne Robinson
Traduzione: Eva Kampmann
Titolo originale: Home
Casa editrice: Einaudi

Libri di Marilynne Robinson

Casa di Marilynne Robinson

Incipit Home

“Home to stay, Glory! Yes!” her father said, and her heart sank. He attempted a twinkle of joy at this thought, but his eyes were damp with commiseration. “To stay for a while this time!” he amended, and took her bag from her, first shifting his cane to his weaker hand. Dear God, she thought, dear God in heaven. So began and ended all her prayers these days, which were really cries of amazement. How could her father be so frail? And how could he be so recklessly intent on satisfying his notions of gentlemanliness, hanging his cane on the railing of the stairs so he could, dear God, carry her bag up to her room? But he did it, and then he stood by the door, collecting himself.
“This is the nicest room. According to Mrs. Blank.” He indicated the windows. “Cross ventilation. I don’t know. They all seem nice to me.” He laughed. “Well, it’s a good house.” The house embodied for him the general blessedness of his life, which was manifest, really indisputable.

Incipit tratto da:
Title: Home
Author: Marilynne Robinson
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Glory Boughton ha trentotto anni quando una delusione amorosa la riporta nella natia Gilead per occuparsi del vecchio padre e della consunta casa avita. Il fratello Jack ne ha qualcuno di più allorché, pochi mesi più tardi, bussa alla stessa porta in cerca di un approdo per il suo spirito tormentato. Le braccia del patriarca si aprono ad accogliere il più amato dei suoi otto figli, il più corrotto, il più smarrito. Ma il suo cuore e la sua mente faticano a fare altrettanto. Nella versione robinsoniana di quella che l’autrice definisce la più radicale delle parabole evangeliche – capovolgendo, come fa, le nozioni di merito e ricompensa -, l’accento cade sul momento successivo a quello della festosa accoglienza: il momento del perdono, della piena reintegrazione nella casa del padre, laddove il limite umano si fa più invalicabile.
Il terzo romanzo di Marilynne Robinson ci ripropone un mondo familiare: l’immobile cittadina agraria di Gilead, «fulgida stella del radicalismo» nella sarcastica rivisitazione di Jack; la metà degli anni Cinquanta, con i loro scontri razziali e la loro sedata quiescenza; il venerabile pastore presbiteriano Robert Boughton, ormai troppo stanco, e i suoi due figli più interessanti, la dolente Glory e l’oscuro Jack. Stesso luogo, tempo, personaggi del precedente *Gilead+, dunque (compagno contiguo anziché sequenziale di questo *Casa*), ma diversa prospettiva a illuminare da un’altra angolazione il più trascendente e insieme il più terreno dei temi: nostos, il ritorno a casa.
«Casa. Quale posto migliore poteva esserci sulla Terra, e perché sembrava a tutti loro un esilio?», si chiede qui la voce narrante. Per Glory, tradita da un fidanzato poi rivelatosi già sposato, peccatrice nel non aver rivelato tale condizione al padre, il ritorno a quella casa malata di tempo equivale a un esilio permanente dalle proprie più liete speranze. Quanto a Jack, poi, l’esilio è duplice. Da sempre pecora nera di un nucleo familiare altrimenti compatto, da sempre inspiegato e inspiegabile devastatore di armonie, Jack vorrebbe tornare al passato che lo inchioda per aprirsi un varco di futuro. Ancora una volta frainteso e misconosciuto, lasciato sulla soglia di un perdono che non riesce ad arrivare, si vede invece opporre un rifiuto nuovo che rinnovella quello antico.
Il *nostos* vive allora nei dialoghi di due fratelli dell’anima oltreché del sangue, nei loro gesti buoni l’uno per l’altro, in una memoria che guarda avanti. E in alto.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

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Jack – Marilynne Robinson

Camminava quasi al suo fianco, arretrato di due passi.

Incipit Jack

Camminava quasi al suo fianco, arretrato di due passi. Senza guardarsi indietro lei gli disse: – Non ho intenzione di rivolgerle la parola.
– Capisco perfettamente.
– Se capisse perfettamente non mi seguirebbe.
Lui disse: – Quando uno porta una ragazza fuori a cena deve accompagnarla a casa.
– No che non deve. Non se lei gli dice di andarsene e lasciarla in pace.
– Non posso farci niente, sono stato educato cosí, – ribatté lui. Tuttavia attraversò e continuò a camminare di fianco a lei, ma sul lato opposto della strada. Quando furono a un isolato da dove abitava la donna, lui riattraversò. Le disse: – Voglio assolutamente scusarmi.
– E io non voglio starla a sentire. E non si incomodi a cercare di dare spiegazioni.
– Grazie. Sí, insomma, preferirei non cercare di dare spiegazioni. Se per lei va bene.
– Non va bene un bel niente. «Va bene» non ha posto in questa conversazione –. Eppure la sua voce era mite.
– Ovviamente, la capisco. Ma non riesco proprio a rassegnarmi.– Non mi sono mai sentita tanto in imbarazzo. Mai, in tutta la mia vita.
Lui disse: – Be’, mi conosce da pochissimo tempo.
Lei si fermò. – Adesso la butta sullo scherzo. Divertente.
E lui: – È un mio problema. Mi fanno ridere le cose sbagliate. Gliene ho parlato, mi pare.

Incipit tratto da:
Titolo: Jack
Autrice: Marilynne Robinson
Traduzione: Eva Kampmann
Titolo originale: Jack
Casa editrice: Einaudi

Libri di Marilynne Robinson

Jack di Marilynne Robinson

Incipit Jack

He was walking along almost beside her, two steps behind. She did not look back. She said, “I’m not talking to you.”
“I completely understand.”
“If you did completely understand, you wouldn’t be following me.”
He said, “When a fellow takes a girl out to dinner, he has to see her home.”
“No, he doesn’t have to. Not if she tells him to go away and leave her alone.”
“I can’t help the way I was brought up,” he said. But he crossed the street and walked along beside her, across the street. When they were a block from where she lived, he came across the street again. He said, “I do want to apologize.”
“I don’t want to hear it. And don’t bother trying to explain.”
“Thank you. I mean I’d rather not try to explain. If that’s all right.”
“Nothing is all right. All right has no place in this conversation.” Still, her voice was soft.
“I understand, of course. But I can’t quite resign myself.”
She said, “I have never been so embarrassed. Never in my life.”
He said, “Well, you haven’t known me very long.”
She stopped. “Now it’s a joke. It’s funny.”
He said, “There’s a problem I have. The wrong things make me laugh. I think I spoke to you about that.”

Incipit tratto da:
Title: Jack
Author: Marilynne Robinson
Language: English

Quarta di copertina / Trama

A Gilead Jack non fa ritorno da tanto tempo. Invano il vecchio reverendo Boughton continua ad attendere il suo figlio piú amato e piú sofferto, invano l’intera famiglia si è riunita intorno alla bara della madre, sperando di vederlo comparire almeno là. A trattenere Jack non è tanto la colpa per i danni che ha loro cagionato in gioventú, e che reputa irredimibili per gli uomini come per Dio, quanto il timore di cagionarne di nuovi. Il suo demone è un occhio acutissimo per la vulnerabilità; il suo maledetto talento, distruggerla. Jack è un uomo non piú giovane, che vive di espedienti e dell’elemosina fraterna, si nutre di pasti occasionali, alcol e vergogna, e ha ormai un’unica ambizione: l’innocuità. Perciò volentieri di tanto in tanto passa la notte al cimitero Bellefontaine, lontano dal consorzio umano, fra statue e lapidi a lui care come vecchie amiche. Ma una notte passi insoliti calcano quei vialetti quieti. Sono quelli di Della Miles, insegnante di liceo nera e figlia di un autorevole predicatore metodista, fortuitamente rimasta chiusa nel cimitero per bianchi di St. Louis. La buona educazione del figlio di un uomo retto vuole che Jack la scorti fino al mattino, ma la coscienza scrupolosa del figlio di un uomo pio gli suggerisce che è da se stesso che soprattutto deve proteggerla. Non è la prima volta che i due si incontrano, e non è un bene: lui ha già avuto modo di deluderla, lei di rubargli il cuore. Ma che mai potrebbe offrire Jack a una giovane di buona famiglia che il Missouri segregato degli anni Cinquanta gli impedirebbe comunque di sposare? Sa bene, Jack, che «Della era una donna istruita saldamente sistemata in una buona vita. Lui non era niente, nient’altro che un nervo scoperto, una fitta mitigata da uno o due bicchieri, da una lustrata alle scarpe». Dopotutto l’innocuità può essere un’ambizione troppo grande. Ma per il momento Jack e Della, protetti dal buio e dalla benevolenza dei morti, possono discorrere di Amleto e Giudizio universale, di predestinazione e passione. E nel dialogo muto che i loro corpi intrattengono, perfino il Principe delle tenebre può chiedersi se l’amore non possa sconfiggere anche la perdizione.
(Einaudi; Supercoralli)

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