La città e i cani – Mario Vargas Llosa

Quattro, – disse il Giaguaro.

Incipit La città e i cani

Quattro, – disse il Giaguaro.
Al chiarore incerto che il globo di luce diffondeva nel locale, attraverso le poche sfaccettature di vetro non ancora coperte di sudiciume, le espressioni dei visi si rilassarono: il pericolo era passato per tutti, salvo che per Porfirio Cava. I dadi erano immobili, bianchi contro il suolo sporco, e segnavano tre e uno.
Quattro, – ripeté il Giaguaro. – Chi è?
Io, – mormorò Cava. – Avevo detto quattro.
Muoviti, – replicò il Giaguaro. – Lo sai, la seconda a sinistra.
Cava rabbrividí. I gabinetti erano in fondo alla camerata, divisi da una sottile porta di legno, e non avevano finestre. Gli altri anni, l’inverno non si spingeva più in là del dormitorio dei cadetti, dove filtrava dai vetri rotti e dalle fessure; ma quell’anno si era fatto aggressivo e in quasi ogni angolo del collegio soffiava il vento che, di notte, riusciva a penetrare perfino nei gabinetti dove spazzava il fetore che si era accumulato durante il giorno e dissolveva l’atmosfera tiepida. Ma Cava, nato e cresciuto nella sierra, era abituato all’inverno: era stata la paura a farlo rabbrividire.

Incipit tratto da:
Titolo: La città e i cani
Autore: Mario Vargas Llosa
Traduzione: Enrico Cicogna
Titolo originale: La ciudad y los perros
Casa editrice: Einaudi

Libri di Mario Vargas Llosa

Copertine di La città e i cani di Mario Vargas Llosa

Incipit La ciudad y los perros

—Cuatro —dijo el Jaguar.
Los rostros se suavizaron en el resplandor vacilante que el globo de luz difundía por el recinto, a través de escasas partículas limpias de vidrio: el peligro había desaparecido para todos, salvo para Porfirio Cava. Los dados estaban quietos, marcaban tres y uno, su blancura contrastaba con el suelo sucio.
—Cuatro —repitió el Jaguar—. ¿Quién?
—Yo —murmuró Cava—. Dije cuatro.
—Apúrate —replicó el Jaguar—. Ya sabes, el segundo de la izquierda.
Cava sintió frío. Los baños estaban al fondo de las cuadras, separados de ellas por una delgada puerta de madera, y no tenían ventanas. En años anteriores, el invierno sólo llegaba al dormitorio de los cadetes, colándose por los vidrios rotos y las rendijas; pero este año era agresivo y casi ningún rincón del colegio se libraba del viento, que, en las noches, conseguía penetrar hasta en los baños, disipar la hediondez acumulada durante el día y destruir su atmósfera tibia. Pero Cava había nacido y vivido en la sierra, estaba acostumbrado al invierno: era el miedo lo que erizaba su piel.

Incipit tratto da:
Título : La ciudad y los perros
Autor : Mario Vargas Llosa
Editor : Alfaguara
Lengua : Español

Quarta di copertina / Trama

Cosí rispondeva l’autore a chi, al momento della pubblicazione, gli chiedeva se La ciudad y los perros – bruciato in piazza dai militari, considerato dalla critica il migliore tra i suoi romanzi, – fosse un romanzo «sulla violenza».
E la violenza – fisica e non – fa da sfondo al microcosmo del Collegio Leoncio Prado di Lima dove avviene l’educazione del protagonista-alter ego dell’autore. Un collegio retto da militari secondo una disciplina militare in cui confluiscono sia i figli delle classi inferiori ammessi per merito sia quelli delle classi alte mandati lí dalle famiglie nella speranza di domarli, e dove la sopraffazione, la forza bruta, il dispotismo sono le leggi della convivenza, a dispetto di regolamenti e norme. «Ero un bambino viziatissimo, presuntuosissimo, cresciuto, faccio per dire, come una bambina… Mio padre pensava che il Leoncio Prado avrebbe fatto di me un uomo, – ricorda Vargas Llosa, – ma per me fu come scoprire l’inferno».
(Ed. Einaudi)

Indice cronologico opere e bibliografia di Mario Vargas Llosa

Mio fratello – Daniel Pennac

Incipit Mio fratello – Daniel Pennac

Incipit Mio fratello

Il desiderio di portare in scena il Bartleby di Melville mi è venuto un giorno in cui pensavo a mio fratello Bernard. Ero in macchina sull’autostrada del Sud, fra Nizza e Avignone. Ero appena stato sorpassato da uno di quei bolidi sul genere razzo extralusso come se ne vedono parecchi in quel tratto di autostrada. Forse una Ferrari, in ogni caso una roba rossa nuova fiammante. Ero un uomo piuttosto avanti negli anni, e non avevo mai comprato un’auto nuova in vita mia.
“Evitiamo di aggravare l’entropia…”
Uno dei princìpi di mio fratello morto.
“Usiamo l’usato?”
“Esatto, niente abusi e usiamo l’usato.”

Incipit tratto da:
Titolo: Mio fratello
Autore: Daniel Pennac
Traduzione: Yasmina Melaouah
Titolo originale: Mon frère
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di Mio fratello

Mio fratello - Daniel Pennac

Incipit Mon frère

Le désir de monter au théâtre le Bartleby de Melville m’est venu un jour que je pensais à mon frère Bernard. Je conduisais sur l’autoroute du Sud, entre Nice et Avignon. Un bolide venait de me doubler, un de ces projectiles de luxe comme on en trouve tant sur cette portion d’autoroute. Ferrari, peut-être, du rouge en tout cas, et du neuf. J’étais un homme d’âge mûr et n’avais jamais acheté une voiture neuve de ma vie.
— On ne va tout de même pas ajouter à l’entropie…
Un des principes de mon frère mort.
— Usons l’usé ?
— C’est ça, n’abusons pas, usons l’usé.

Incipit tratto da:
Titre: Mon frère
Auteur: Daniel Pennac
Editeur: Gallimard
Langue: Français

Quarta di copertina / Trama

Poco tempo dopo la morte del fratello Bernard, Daniel Pennac allestisce una lettura scenica di un celebre racconto di Melville, Bartleby lo scrivano. Per il personaggio di Bartleby, lui e Bernard avevano la medesima predilezione. Alternando le pagine dell’adattamento teatrale di Bartleby agli aneddoti su Bernard, ricordi affettuosi, divertenti o spietati e battute piene di humour, Daniel Pennac tratteggia il ricordo del fratello scomparso, vero e proprio complice, insostituibile compagno di vita. E mette contemporaneamente in luce una singolare affinità tra i due personaggi. Come Bartleby, Bernard era sempre più incline a ritrarsi deliberatamente dalla vita sociale, a un rifiuto categorico di aggravare l’entropia. Un singolare libro d’amore, insieme profondo, lucido e toccante.
“Non so niente di mio fratello morto, se non che gli ho voluto bene. Sento moltissimo la sua mancanza, e tuttavia non so chi ho perso. Ho perso il piacere della sua compagnia, la gratuità del suo affetto, la serenità dei suoi giudizi, la complicità del suo senso dell’umorismo, ho perso la quiete. Ho perso quel po’ di tenerezza che c’era ancora al mondo. Ma chi ho perso?” (Ed. Feltrinelli)

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Il diario segreto del cuore – Francesco Recami

Donatella Giorgi abitava nell’appartamento 15 della casa di ringhiera di via *** civico 14.

Incipit Il diario segreto del cuore

Donatella Giorgi abitava nell’appartamento 15 della casa di ringhiera di via *** civico 14. I suoi due bambini erano a scuola, e lei non era al lavoro perché disoccupata.
Ottobre è il mese in cui si va a scuola. Cioè, lo era. Un tempo le scuole cominciavano il primo di ottobre, ma adesso aprono a settembre, con grande disappunto degli studenti e del corpo insegnante, perché «quella che gli insegnanti fanno tre mesi di ferie è una balla colossale», a quanto dicono gli insegnanti stessi. Ai genitori invece, soprattutto a quelli meno abbienti, non risulta affatto scomodo che i ragazzi inizino ad andare a scuola fin da metà settembre. Molti genitori di compagni di classe dei figli di Donatella erano scandalizzati anche che le scuole cominciassero a metà settembre per chiudere a metà giugno: «Ma siamo in Europa o no?». «Qui siamo nel Medioevo». Insomma si auguravano che le scuole iniziassero prima e finissero dopo. Curiosamente erano pressappoco gli stessi che inveivano contro una scuola che carica i bambini di compiti, di test, di interrogazioni, quando l’apprendimento dovrebbe essere un gioco, un passatempo, un divertimento.
Sta di fatto che oggi come oggi a ottobre l’attività scolastica «entra nel vivo». Gli insegnanti forzano la mano sul programma didattico, in sostanza si comincia a fare qualcosa.

Incipit tratto da:
Titolo: Il diario segreto del cuore
Autore: Francesco Recami
Casa editrice: Sellerio

Libri di Francesco Recami

Copertina di Il diario segreto del cuore di Francesco Recami

Quarta di copertina / Trama

Tra i protagonisti che animano la Casa di ringhiera, in questo nuovo episodio la ribalta è per la famiglia Giorgi, composta da: la mamma Donatella, da poco disoccupata e sempre sull’orlo di una crisi di nervi; il figlio maggiore Gianmarco tredicenne svogliato; Margherita undicenne di senno e talento; Claudio, il marito alcolizzato, cacciato di casa e in severa cura detox.
Questo nuovo capitolo della storia nera di un condominio di Milano, che vuol essere specchio e lente di ingrandimento del Bel Paese in cui ci troviamo, ci fa conoscere il diario della quasi adolescente Margherita. Tra pensieri e confessioni lei rivela al Diario quello che succede veramente in un anno scolastico, a casa sua e tra i vicini, inserisce le lettere edificanti del padre, qualche racconto morale che le assegna la scuola in cui primeggia: insomma è la struttura del Cuore di Edmondo De Amicis, alternarsi di cronaca e segreti di un’anima fanciulla, pur già provata. Ma un Libro Cuore perfido e politicamente scorretto in cui scorre il neosquallore di Facebook e della prevalente devianza giovanile, tra narcisismi infantili e precoce sfrontatezza sessuale.
Quello che succede è che per salvaguardare la figlia Margherita dal bullismo più o meno pedopornografico delle amiche, la madre Donatella si lascerà prendere da un istinto iperprotettivo di vendetta, e si scatenerà sui social, inconsapevole delle conseguenze.
La sarabanda che ne deriva serve a Francesco Recami per mettere a fuoco la sua radiografia delle miserie della vita quotidiana nell’era di un mediocre e infelice narcisismo sottoconsumistico. Un teatro tanto più caustico ridicolo e urticante quanto più la vicinanza con cui normalmente li osserviamo rende questi modi di vivere umani e accettabili.
Con buona pace del De Amicis.
(Ed. Sellerio; La memoria)

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