Tropico del capricorno – Henry Miller

Incipit Tropico del capricorno

Una volta mollata l’anima, tutto segue con assoluta certezza, anche nel pieno del caos. Dal principio non fu mai altro che caos: un fluido che mi avviluppava, e io vi respiravo per branchie. Nei substrati, dove la luna brillava ferma e opaca, era liscio e fecondo; sopra era frastuono e discordanza. In tutte le cose io vedevo subito l’opposto, la contraddizione, e fra il reale e l’irreale l’ironia, il paradosso. Ero io il mio peggior nemico. Nulla c’era che volessi fare e potessi anche non fare. Anche bambino, quando nulla mi mancava, io volevo morire; volevo arrendermi perché non vedevo senso nella lotta. Sentivo che nulla si sarebbe provato, sostanziato, aggiunto o sottratto continuando un’esistenza che io non avevo chiesto. Tutti attorno a me eran dei falliti, e se non falliti ridicoli. Specialmente chi avesse avuto successo. Questi poi mi annoiavano fino alle lacrime. Ero comprensivo per chi sbagliava, ma non era la compassione a muovermi. Era una virtù meramente negativa, una debolezza che fioriva alla sola vista della miseria umana. Non ho mai aiutato nessuno aspettandomi che ciò gli facesse del bene; Io aiutavo perché non ero capace di fare altrimenti. Voler cambiare la condizione delle cose a me pareva futile; nulla sarebbe cambiato – ne ero convinto – se non per un mutamento del cuore, e chi può cambiare il cuore degli uomini? Di tanto in tanto un amico si convertiva; roba da vomitare. Non avevo bisogno di Dio, più di quanto Egli avesse bisogno di me, e se un Dio ci fosse, dicevo spesso fra me, andrei a trovarlo calmo calmo e Gli sputerei in faccia.

Incipit tratto da:
Titolo: Tropico del capricorno
Autore: Henry Miller
Traduzione: Luciano Bianciardi
Titolo originale: Tropic of Capricorn
Casa editrice: Mondadori

Libri di Henry Miller

Copertine di Tropico del capricorno di Henry Miller

Incipit Tropic of Capricorn

Once you have given up the ghost, everything follows with dead certainty, even in the midst of chaos. From the beginning it was never anything but chaos: it was a fluid which enveloped me, which I breathed in through the gills. In the sub-strata, where the moon shone steady and opaque, it was smooth and fecundating; above it was a jangle and a discord. In everything I quickly saw the opposite, the contradiction, and between the real and the unreal the irony, the paradox. I was my own worst enemy. There was nothing I wished to do which I could just as well not do. Even as a child, when I lacked for nothing, I wanted to die: I wanted to surrender because I saw no sense in struggling. I felt that nothing would be proved, substantiated, added or subtracted by continuing an existence which I had not asked for. Everybody around me was a failure, or if not a failure, ridiculous. Especially the successful ones. The successful ones bored me to tears. I was sympathetic to a fault, but it was not sympathy that made me so. It was a purely negative quality, a weakness which blossomed at the mere sight of human misery. I never helped any one expecting that it would do any good; I helped because I was helpless to do otherwise. To want to change the condition of affairs seemed futile to me; nothing would be altered, I was convinced, except by a change of heart, and who could change the hearts of men? Now and then a friend was converted; it was something to make me puke. I had no more need of God than He had of me, and if there were one, I often said to myself, I would meet Him calmly and spit in His face.

Incipit tratto da:
Title: Tropic of Capricorn
Author: Henry Miller
Language: English

Quarta di copertina / Trama

“L’oscenità di Miller: se ne parla troppo. Leggendolo non me accorgo, perchè vedo di là, in trasparenza. Non appiccica e non trattiene, perché guarda oltre se stessa.
‘L’oscenità che è estasi’, posta accanto alla ‘violenza dei profeti.’
‘L’osceno è il baratro nascosto’; è un tentativo di spiare i segreti processi dell’Universo.’
Non è l’unico mezzo per farlo, e possiamo pensare a uno scrittore che non l’usi anche avendo lo stesso fine.
Ma è un mezzo; il fine è l’altro, quello che ha dichiarato Miller. Una frase di lui che mi colpisce è questa: ‘ La Western Union fu per me quello che la Siberia era stata per Dostoevskij.’
Tutti siamo irretiti da un inferno dello stesso genere. L’oscenità è uno dei tanti mezzi per guardare oltre la Wester Union-Siberia, e accorgersi che è minata…

“Non riesco a vedere una grande diversità, nei motivi e nel fine, tra libri come quelli di Miller e, per esempio, Le confessioni di Sant’Agostino.
GUIDO PIOVENE, dalla “premessa”
(Ed. Feltrinelli; I Narratori di Feltrinelli 98)

Indice cronologico opere e bibliografia di Henry Miller

Viaggio con Charley – John Steinbeck

Incipit Viaggio con Charley

Quando ero giovane e avevo in corpo la voglia di essere da qualche parte, la gente matura m’assicurava che la maturità avrebbe guarito questa rogna. Quando gli anni mi dissero maturo, fu l’età di mezzo la cura prescritta. Alla mezza età mi garantirono che un’età più avanzata avrebbe calmato la mia febbre. E ora che ne ho cinquantotto sarà forse la vecchiaia a giovarmi. Nulla ha funzionato. Quattro rauchi fischi della sirena d’una nave continuano a farmi rizzare il pelo sul collo, e mettermi i piedi in movimento. Il rumore d’un aereo a reazione, un motore che si scalda, persino uno sbatter di zoccoli sul selciato suscitano l’antico brivido, la bocca secca, le mani roventi, lo stomaco in agitazione sotto la gabbia delle costole. In altre parole, non miglioro. Vagabondo ero, vagabondo resto. Temo che la malattia sia incurabile. Metto giù questa roba non per istruire gli altri, ma per informare me stesso.

Incipit tratto da:
Titolo: Viaggio con Charley
Autore: John Steinbeck
Traduzione: Luciano Bianciardi
Titolo originale: Travels with Charley
Casa editrice: Rizzoli

Libri di John Steinbeck

Copertine di Viaggio con Charley di John Steinbeck

Incipit Travels with Charley

When I was very young and the urge to be someplace else was on me, I was assured by mature people that maturity would cure this itch. When years described me as mature, the remedy prescribed was middle age. In middle age I was assured that greater age would calm my fever and now that I am fifty-eight perhaps senility will do the job. Nothing has worked. Four hoarse blasts of a ship’s whistle still raise the hair on my neck and set my feet to tapping. The sound of a jet, an engine warming up, even the clopping of shod hooves on pavement brings on the ancient shudder, the dry mouth and vacant eye, the hot palms and the churn of stomach high up under the rib cage. In other words, I don’t improve; in further words, once a bum always a bum. I fear the disease is incurable. I set this matter down not to instruct others but to inform myself.

Incipit tratto da:
Title: Travels with Charley
Author: John Steinbeck
Publisher: Penguin
Language: English

Quarta di copertina / Trama

“Quando il virus dell’irrequietezza comincia impadronirsi di un uomo caparbio, la vittima deve anzitutto trovare in se stessa una ragione buona e sufficiente per andare. Ciò non è difficile al vagabondo attivo.” Così ha inizio, in questo libro pubblicato nel 1962, il viaggio “on the road” di Steinbeck, scortato da Charley, “un barboncino di prima categoria” che è compagno di viaggio ma anche destinatario dei monologhi dello scrittore: ricordi, aspirazioni, impressioni di un passato avventuroso e di un presente pieno di scoperte. Come afferma Daniele Giglioli nella sua introduzione, “chi a quell’età si prende il lusso di andarsene di casa per scrivere un bellissimo libro minore non deve rispondere a nessuno di quello che fa”.
(Rizzoli BUR)

Cronologia opere e bibliografia di John Steinbeck

L’inverno del nostro scontento – John Steinbeck

Incipit L’inverno del nostro scontento

Quando il mattino biondo oro di aprile destò Mary Hawley, ella si volse al marito e lo vide, coi mignoli in bocca le faceva le smorfie.
«Scemo» disse. «Ethan, hai trovato l’estro comico.»
«Senta, Topolina, mi vuol sposare?»
«Ti sei svegliato scemo?»
«Il buon dì si vede al mattino.»
«Mi par proprio di sì. Ricordi che è venerdì santo?»
Con voce cupa egli disse: «Gli sporchi romani passano in rango per il Calvario».
«Non esser sacrilego. Marullo ti farà chiuder bottega alle undici?»
«Pulcino mio, Marullo è cattolico e terrone. Magari non si fa nemmeno vivo. Chiudo a mezzogiorno e fino al termine dell’esecuzione.»

Incipit tratto da:
Titolo: L’inverno del nostro scontento
Autore: John Steinbeck
Traduzione: Luciano Bianciardi
Titolo originale: The Winter of Our Discontent
Casa editrice: Bompiani

Libri di John Steinbeck

Copertine di L’inverno del nostro scontento di John Steinbeck

Incipit The Winter of Our Discontent

When the fair gold morning of April stirred Mary Hawley awake, she turned over to her husband and saw him, little fingers pulling a frog mouth at her.
“You’re silly,” she said. “Ethan, you’ve got your comical genius.”
“Oh say, Miss Mousie, will you marry me?”
“Did you wake up silly?”
“The year’s at the day. The day’s at the morn.”
“I guess you did. Do you remember it’s Good Friday?”
He said hollowly, “The dirty Romans are forming up for Calvary.”
“Don’t be sacrilegious. Will Marullo let you close the store at eleven?”
“Darling chicken-flower—Marullo is a Catholic and a wop. He probably won’t show up at all. I’ll close at noon till the execution’s over.”

Incipit tratto da:
Title: The Winter of Our Discontent
Author: John Steinbeck
Publisher: Penguin
Language: English

Quarta di copertina / Trama

L’inverno del nostro scontento, romanzo del 1961, delinea con tratti satirici un ambiente sociale. Racconta infatti l’avventura morale di un piccolo uomo di provincia, pago del suo modesto destino, che d’improvviso, quasi invasato dalla religione del successo, tesse una trama sottile e tenace attraverso la quale muove alla conquista del potere e della ricchezza, mascherando il proprio arrivismo sotto le più nobili e conformistiche virtù del cittadino medio americano. Incorniciando le gesta di questo eroe in una tipica cittadina marittima del New England, con una altrettanto tipica popolazione di “indigeni” e immigrati di varia origine e ancor più varia mentalità, Steinbeck ci offre un vero e proprio spaccato di quell’America di provincia, gretta e invischiata nel mito del benessere come conquista della felicità, che tanta parte ha avuto nella letteratura statunitense del Novecento.
(Ed. Bompiani)

Bibliografia e cronologia opere di John Steinbeck