Cortesie per gli ospiti – Ian McEwan

Incipit Cortesie per gli ospiti – Ian McEwan

Incipit Cortesie per gli ospiti

Ogni pomeriggio, quando la città oltre le scure persiane verdi cominciava ad animarsi, Colin e Mary si svegliavano al metodico picchiettio degli arnesi d’acciaio contro le chiatte di ferro ormeggiate accanto al bar galleggiante del loro albergo. Al mattino i barconi rugginosi e butterati, senza alcun carico o mezzo di propulsione visibile, non c’erano piú; ricomparivano sul finire della giornata, e gli uomini dell’equipaggio si mettevano inspiegabilmente all’opera con martello e scalpello. Era allora, nel caldo rannuvolato del tardo pomeriggio, che i clienti cominciavano ad affluire sul pontone per mangiare un gelato seduti ai tavolini di metallo, e anche le loro voci riempivano l’oscurità della stanza, sollevandosi e abbassandosi in ondate di allegria e discordia, sommergendo i brevi silenzi tra un penetrante colpo di martello e l’altro.
Si svegliarono simultaneamente, o questa fu la loro impressione, e restarono immobili sui letti separati. Per motivi che non era ormai possibile definire con chiarezza, Colin e Mary non si parlavano piú. Due mosche roteavano pigre attorno al lampadario, in corridoio una chiave girò nella serratura, dei passi si avvicinarono e si allontanarono di nuovo. Finalmente Colin si alzò, scostò le persiane e andò in bagno a fare una doccia. Ancora assorta nei postumi di un sogno, Mary si voltò su un fianco mentre lui passava, e fissò il muro. Lo scroscio regolare dell’acqua nella stanza accanto era un suono suadente e lei richiuse gli occhi.
Ogni sera, durante l’ora rituale che trascorrevano sul terrazzo prima di mettersi alla ricerca di un ristorante, ciascuno aveva ascoltato pazientemente i sogni dell’altro in cambio del lusso di raccontare i propri. I sogni di Colin erano del tipo raccomandato dagli psicanalisti, sognava di volare, diceva, di denti che si sbriciolano, di trovarsi nudo di fronte a uno sconosciuto seduto.

Incipit tratto da:
Titolo: Cortesie per gli ospiti
Autore: Ian McEwan
Traduzione: Stefania Bertola
Titolo originale: The Comfort of Strangers
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Cortesie per gli ospiti

Cortesie per gli ospiti - Ian McEwan

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Incipit The Comfort of Strangers

Each afternoon, when the whole city beyond the dark green shutters of their hotel windows began to stir, Colin and Mary were woken by the methodical chipping of steel tools against the iron barges which moored by the hotel café pontoon. In the morning these rusting, pitted hulks, with no visible cargo or means of propulsion, would be gone; towards the end of each day they reappeared, and their crews set to inexplicably with their mallets and chisels. It was at this time, in the clouded, late afternoon heat, that customers began to gather on the pontoon to eat ice cream at the tin tables, and their voices too filled the darkened hotel room, rising and falling in waves of laughter and dissent, flooding the brief silences between each piercing blow of the hammers.

Incipit tratto da:
Title: The Comfort of Strangers
Author: Ian McEwan
Language: English

Quarta di copertina / Trama

In quest’ultimo romanzo di Ian McEwan due coppie si incontrano nella torrida atmosfera di una città di mare. In un vicolo Mary e Colin, turisti inglesi legati da un rapporto in cui «il piacere stava soprattutto nell’amichevole mancanza di fretta, nella familiarità dei rituali e delle procedure», si imbattono in Robert, inquietante figura di anfitrione. Dal suo autobiografico monologo, che si snoda lungo il filo di un irrefrenabile crescendo, emerge un passato di sottili crudeltà domestiche e di sottomissione e adorazione nei confronti del padre. Caroline, fragile e autodistruttiva moglie di Robert, è il quarto personaggio di questo romanzo su cui aleggia, costante, un presentimento. Prigioniera, piú che padrona della casa in cui agli ospiti si vanno preparando particolari cortesie, Caroline «dava l’impressione di avere un piacevolissimo segreto». Ma è l’intero romanzo ad avere un suo segreto e McEwan, con tecnica da thrilling, ce ne dà di volta in volta significativi indizi, preparando un finale apocalittico e liberatorio.
(Ed. Einaudi; Nuovi Coralli)

Da questo romanzo il film Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers) per la regia di Paul Schrader (1991)

Il giardino di cemento – Ian McEwan

Incipit Il giardino di cemento - Ian McEwan

Incipit Il giardino di cemento

Non ho ucciso mio padre, ma certe volte mi sembra quasi di avergli dato una mano a morire. E se non fosse capitata in coincidenza con una pietra miliare nel mio sviluppo fisico, la sua morte sembrerebbe un fatto insignificante in confronto a quello che è successo dopo. Parlai di lui con le mie sorelle per tutta la settimana seguente al giorno in cui morì, e Sue di sicuro pianse un po’ quando gli uomini di sull’ambulanza lo rimboccarono in una in una vivace coperta rossa e lo portarono via. Era un uomo fragile, irascibile e ossessivo, con le mani e il viso giallastri. Includo qui la breve storia della sua morte solo per spiegare come mai le mie sorelle ed io ci trovammo con tanto cemento a nostra disposizione.

Incipit tratto da:
Titolo: Il giardino di cemento
Autore: Ian McEwan
Traduzione: Stefania Bertola
Titolo originale: The Cement Garden
Casa editrice: Einaudi

Libri di Ian McEwan

Il giardino di cemento - Ian McEwan

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Incipit The Cement Garden

I did not kill my father, but sometimes I felt I had helped him on his way. And but for the fact that it coincided with a landmark in my own physical growth, his death seemed insignificant compared with what followed.My sister and I talked about him the week after he died, and Sue certainly cried when the ambulance men tucked him up in a brightred blanket and carried him away. He was a frail, irascible, obsessive man with yellowish hands and face. I am only including the little story of his death to explain how my sisters and I came to have such a large quantity of cement at our disposal.

Incipit tratto da:
Title: The Cement Garden
Author: Ian McEwan
Publisher: Vintage
Language: English

Quarta di copertina / Trama

«Non ho ucciso mio padre, ma certe volte mi sembra quasi di avergli dato una mano a morire». Chi racconta è Jack, un ragazzino sporco, foruncoloso, tenuto in disparte dalla famiglia; suo padre è un uomo fragile, irascibile e ossessivo, che un giorno decide di costruire un giardino roccioso: si mette al lavoro, ma muore di fronte all’indifferenza di Jack che non chiede aiuto. Julie, sorella maggiore, prime magliette scollate, primi amori tenuti segreti. Sue, due anni meno di Jack, sgraziata, sempre pronta a ritessere i difficili rapporti di famiglia. Tom, un bambinetto vivace, tutto preso dai suoi giochi e dai terrori scolastici. Infine la madre, slavata, sempre affaccendata in cucina oppure sprofondata nel letto di malata. Un balletto di «enfants terribles» che fanno pensare a Cocteau, a Vitrac, alla Compton Burnett, eppure sono anche banali; figli di una «cattività» familiare segnata da un esasperato sadismo.
Da questo libro è stato tratto l’omonimo film di Andrew Birkin con Charlotte Gainsbourg e Andrew Robertson.
(Ed. Einaudi; Tascabili Letteratura)

Da questo romanzo il film Il giardino di cemento (The Cement Garden) per la regia di Andrew Birkin (1992)

Il teatro di Sabbath – Philip Roth

Incipit Il teatro di Sabbath – Philip Roth

Incipit Il teatro di Sabbath

Giura che non scoperai più le altre o fra noi è finita.
Questo l’ultimatum, il delirante, improbabile, assolutamente imprevedibile ultimatum che la signora cinquantaduenne impose tra le lacrime al suo amante sessantaquattrenne, il giorno in cui il loro legame, di stupefacente impudicizia e altrettanto stupefacente riservatezza, compiva tredici anni. E adesso che l’afflusso di ormoni andava esaurendosi, e la prostata ingrossava, e forse non gli restavano che pochi anni di potenza relativamente affidabile, e forse ancor meno anni di vita; adesso, quando si avvicinava la fine di ogni cosa, gli veniva imposto, per non perdere lei, di stravolgere se stesso.

Incipit tratto da:
Titolo: Il teatro di Sabbath
Autore: Philip Roth
Traduzione: Stefania Bertola
Titolo originale: Sabbath’s Theater
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Il teatro di Sabbath

Il teatro di Sabbath - Philip Roth

Incipit Sabbath’s Theater

Either forswear fucking others or the affair is over.
This was the ultimatum, the maddeningly improbable, wholly unforeseen ultimatum, that the mistress of fifty-two delivered in tears to her lover of sixty-four on the anniversary of an attachment that had persisted with an amazing licentiousness—and that, no less amazingly, had stayed their secret—for thirteen years. But now with hormonal infusions ebbing, with the prostate enlarging, with probably no more than another few years of semi-dependable potency still his—with perhaps not that much more life remaining—here at the approach of the end of everything, he was being charged, on pain of losing her, to turn himself inside out.

Incipit tratto da:
Title: Sabbath’s Theater
Author: Philip Roth
Publisher: Vintage
Language: English

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Quarta di copertina / Trama

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Il teatro di Sabbath è una creazione comica di proporzioni epiche, e Mickey Sabbath ne è lo smisurato eroe. Un tempo burattinaio scandalosamente creativo, a sessantaquattro anni Sabbath conserva il suo sprezzante antagonismo e la sua sfrenata libidine. Ma dopo la morte della sua amante di vecchia data – uno spirito libero in fatto di erotismo, la cui audacia nell’adulterio supera perfino quella dello stesso Sabbath – egli s’imbarca in un viaggio turbolento nel proprio passato. Nudo e dolente, perseguitato dai fantasmi di coloro che piú l’hanno amato e odiato, ordirà una sequela di disastri farseschi che lo condurranno sull’orlo della follia e dell’estinzione.
(Ed. Einaudi; ET Scrittori)