Dove la luce – Carmen Pellegrino

Incipit Dove la luce – Carmen Pellegrino

Incipit Dove la luce

Credevamo di essere salvi. Figli dei figli di un miracolo, guardavamo all’Europa che si univa, guardavamo a una nazione che era stata vestita di pezze, poi con la camiciola nera, ma che ora, tutto d’un tratto, poteva comprarsi la pelliccia di visone, a rate. Ingagliarditi dalla salvezza, avremmo viaggiato per terre incognite, lavorato il giusto, inseguito il sogno, senza più le angosce che i nostri padri avevano placato con il posto fisso, il risparmio, le ferie in agosto, e questo fino alla pensione, la più solida delle certezze. Avevamo creduto di essere salvi, migliori e più sensibili dei nostri vecchi: potevamo dedicarci a scoprire qualcosa di bello e più profondo sulla vita stessa, il gusto del deserto, l’ardente furore di chi può dubitare di tutto, anche della patria, di Dio, della famiglia. Nessuno ci aveva detto che eravamo perduti all’origine.

Incipit tratto da:
Titolo: Dove la luce
Autrice: Carmen Pellegrino
Casa editrice: La Nave di Teseo
Immagine in copertina: Dark Rain; Robert and Shana ParkeHarrison

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Dove la luce - Carmen Pellegrino

Quarta di copertina / Trama

Roma, aprile 1987. Milo è un uomo che ha perso tutto per colpa di altri, devotissimo alla morte – che invoca ogni giorno, ma che non ha il coraggio di infliggersi – e costretto a vivere per strada. Federico Caffè è il Professore, figura ammantata di interrogativi destinati a non ricevere mai risposta. Il primo è un personaggio (forse) d’invenzione, il secondo un uomo realmente esistito, tra i protagonisti del dibattito politico ed economico degli anni ottanta e convinto sostenitore della necessità di assicurare alti livelli di occupazione e di protezione sociale ai ceti più deboli. La sua improvvisa scomparsa è un mistero rimasto tuttora irrisolto, il suo incontro con Milo è un nuovo enigma. Postiglione, febbraio 2023. Una voce narrante si fa carico della memoria della sua famiglia, ripercorre le fatiche e le gioie del debito d’amore che tutti abbiamo verso le nostre radici. Le vite di Milo e del Professore entrano così nella storia di una donna, di un paese, di un’intera generazione in lotta, divisa tra l’odio e la malinconia per un tempo che, forse, non tornerà più.
Carmen Pellegrino firma un romanzo magico che è una discesa vertiginosa nella memoria dei luoghi e delle persone che li hanno popolati, alla riscoperta della vita nascosta e infinita che ancora li abita. Una voce libera che erra per giardini e anime, e non si perde mai.
(La Nave di Teseo)

Pudore – Maddalena Fingerle

Incipit Pudore - Maddalena Fingerle

Incipit Pudore

Non è a punta ma fa impressione lo stesso. Si vede la pelle. Pulisco la macchinetta, in realtà la sbatto contro il lavandino sperando si rompa. Non succede. Prendo il rasoio rosa che uso per le gambe e tolgo i peletti che spuntano. Potrei fare un po’ di scena, disperarmi per l’aspetto pietoso della mia pelata, ma non faccio in tempo che già suona il tizio di eBay. Non ha la faccia da Iwan, ma da Joe. Ha spalle enormi e l’aria da delinquente. È molto gentile e si toglie le scarpe prima di entrare. Gli faccio fare un giro per la casa, lui parla poco, mi dice solo – guardando gli accessori – che valgono molto. Non dovrei regalarli. Gli rispondo che decido io cosa farne. Joe apprezza la mia fermezza e prende un cacciavite dal suo zaino, che per fortuna se l’è portato perché io non possiedo niente di simile. Si toglie la felpa, resta in canottiera, di quelle da testosterone e palestra, non da divano e rutti. Non riesco a smettere di fissargli le bruciature sulle braccia. Amo le bruciature e pure le cicatrici e anche le smagliature. In realtà tutti i segni sul corpo. Come quelli che mi si sono formati sui fianchi dopo che sono andata a vivere da sola. La prima volta che feci la spesa scoprii con sgomento il prezzo dello zafferano e lo lasciai inorridita sullo scaffale. Volevo pagarmi l’affitto da sola. Facevo spese settimanali da dieci euro e diventavo sempre più brava a ingegnarmi su cosa comprare e cosa no. Sceglievo le sottomarche e mangiavo schifezze per strada mentre tornavo a casa. Passare dalla cucina mediterranea di Filomena al mio delirio culinario da risparmio mi fece ingrassare di dieci chili. Mia madre mi diede l’indirizzo del dietologo dove mandava mio fratello da piccolo, ma non ci andai. Riuscii a perdere molto velocemente i chili che mia madre definiva di troppo e ora la mia pelle ne è testimone; è come se avessi un tatuaggio che dice che l’affitto me lo sono sempre pagato da me.

Incipit tratto da:
Titolo: Pudore
Autrice: Maddalena Fingerle
Casa editrice: Mondadori

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Pudore - Maddalena Fingerle

Quarta di copertina / Trama

Gaia non ha più voglia di essere se stessa: si rasa i capelli a zero e indossa parrucche, svende i suoi orecchini più preziosi su eBay, si libera dell’armadio e compra un letto nuovo – che poi non sa montare.
Vuole ricostruire se stessa e l’ambiente in cui vive a immagine e somiglianza di Veronica: la sua amata, meravigliosa Veronica, da cui è appena stata lasciata. Veronica non è solo la persona di cui Gaia si è innamorata, ma anche la donna che lei vorrebbe diventare – come accade nei primi, furiosi innamoramenti.
La famiglia di origine di Gaia appartiene alla solida borghesia di italiani che vivono a Monaco e incarnano tutto ciò che lei rifiuta: la cultura umanistica come sprezzatura e ostentazione, il culto dell’apparenza, la tendenza a delegare i compiti operativi ai subalterni. Veronica al contrario è una donna vitale, concreta, estroversa e solare come la terra da cui viene, il Salento.
L’indole di Gaia è lunare, riflessiva, accesa da un’immaginazione sfrenata: il prestante energumeno che le si presenta alla porta per ritirare degli oggetti che vuole vendere non ha la faccia da Joe, è decisamente Iwan. Rinominare le persone, interpretare le situazioni in cui si trova è indispensabile per poterle integrare nel suo mondo.
In un soliloquio ora arrabbiato e rivendicativo, ora spaurito e ostaggio di una miriade di sublimi ossessioni, ma sempre ironico e pungente, Gaia arriverà a conoscersi meglio e sarà pronta a correre davvero dei rischi per diventare l’individuo che vuole essere.
Il romanzo d’esordio di Maddalena Fingerle, Lingua madre, è stato accolto con entusiasmo dalla critica e ha vinto diversi premi. Nelle pagine dense e fulgenti di Pudore ritroviamo la sua voce unica e potente; una giovane autrice originale e piena di talento.
(Mondadori)

Pudore - Audiolibro - Fingerle

Rosy – Alessandra Carati

Incipit Rosy - Alessandra Carati

Incipit Rosy

Un salotto, un divano a elle bianco, un tappeto con disegni orientaleggianti e sopra il tappeto un tavolino in legno; un mobile marrone con pochi libri, un televisore al centro della parete, tre quadretti appesi e uno appoggiato sopra una mensola; a sinistra del soggiorno, la cucina che comunica con il garage-lavanderia, tutto organizzato in modo meticoloso, quasi professionale; a destra, la camera con un letto matrimoniale in arte povera. Settantacinque metri quadri perfettamente ordinati.
Una donna anziana apre cassetti, ante, rovista nei pensili, nel ripostiglio, negli armadi. A tenerla d’occhio, in piedi sulla porta d’ingresso, una coppia di carabinieri. Lei si affretta, in una grande valigia infila vestiti invernali, scarpe, quello che trova, alla rinfusa, senza guardare. Sa dov’è la roba, eppure non sceglie, il compito che le è stato assegnato la disorienta, o meglio, la disturba. A cosa deve credere? Alle parole che vorticano in paese – diabolici, autismo a due, massacro – o alla confidenza che aveva con loro? Erano i suoi vicini, le regalavano un mucchio di cose, anche se non capiva per quale ragione, per liberarsene o perché erano generosi; soprattutto lei, la moglie.

Incipit tratto da:
Titolo: Rosy
Autrice: Alessandra Carati
Casa editrice: Mondadori

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Rosy - Alessandra Carati

Quarta di copertina / Trama

Nel primo pomeriggio dell’8 gennaio 2007, Rosa Bazzi e Olindo Romano lasciano Erba sui sedili di una volante dei carabinieri. Pensano che gli agenti li stiano portando in salvo dai giornalisti che, dall’alba, assediano la loro casa. In meno di un’ora si trovano dentro il carcere di Como, dove comincia una detenzione destinata a diventare ergastolo, condannati per aver ucciso quattro vicini di casa e averne ferito gravemente un quinto – uno dei più grandi casi di cronaca recente, conosciuto come “la strage di Erba”.
Alessandra Carati incontra Rosa Bazzi per la prima volta all’inizio del 2019. Tra luglio e febbraio dell’anno seguente, le fa visita in carcere ogni settimana in sessioni che durano ore. “Mi sfogo con te come con il prete” le dice la donna, e la travolge con discorsi contraddittori, inattendibili, al limite della comprensibilità. La costringe al suo caos.
L’autrice credeva che conoscerla di persona le avrebbe permesso di separare i fatti dai detti; invece la vicinanza ha offuscato il quadro. Nel tentativo di capire, cerca lo sguardo di chi l’ha frequentata negli ultimi diciassette anni: la psicologa, gli avvocati, e poi il cappellano, il marito Olindo attraverso le lettere che le scrive. Scopre così un’infanzia negletta, il lavoro ancora bambina a servizio delle famiglie dell’Erbese, il matrimonio a vent’anni e la dipendenza da Olindo, il faticoso adattamento alla detenzione.
Solo allora torna in carcere. Rosa però non è conforme a nessun racconto che ne è stato fatto, continua a resistere come un disturbo indecifrabile. È proprio in quel momento, nella rinuncia a ogni immagine di lei – e nella fatale domanda su dove si sono formate queste immagini, a quali condizioni, con quali conseguenze – che affiora, come in una polaroid, Rosy.
(Mondadori)